Vita di un ottimista
L’interesse che suscita Roman Polanski: A Film Memoir sta tutto nella possibilità che ci offre di ascoltare dalla viva voce del grande regista il racconto della sua vita eccezionale. Polanski, solitamente un po’ reticente e sospettoso nelle interviste a causa dell’invadenza dei giornalisti nella sua vita privata, invece chiacchiera con disinvoltura con l’amico di vecchia data Andrew Braunsberg, che incontra in due distinte occasioni e che gli pone domande con delicate e rispettose anche nei momenti di commozione.
In due parti del film, appunto, vediamo Polanski scoppiare in lacrime: non quando rievoca la tragica fine di Sharon Tate – preannunciata da un oscuro presentimento – e la definisce l’evento più traumatico della sua vita, ma quando ricorda il giorno in cui, da bambino, a Varsavia rivede il padre dopo tanto tempo e poi quando narra della circostanza in cui viene a sapere, proprio dal padre, che i nazisti hanno catturato la madre. Il film, infatti, inizia con la notizia data in tv dell’arresto di Polanski in Svizzera, nel 2009 – avvenimento a cui Roman reagisce con sorprendente calma – e poi si sofferma subito sull’infanzia del regista, tra fame, povertà e morte. Non bisogna pensare, però, che il documentario sia solo commovente per lo spettatore. Polanski è uomo di spettacolo di grande ironia e dal precoce talento recitativo: è uno spasso vederlo mimare con grande espressività il gesto del soldato tedesco che prende la mira e gli spara, mancandolo, oppure riprodurre con la voce il rumore degli aerei degli alleati. Una prova del grande carattere di Polanski, invece, è la sicurezza con cui, giovanissimo, ospite di un programma radiofonico per ragazzini, lo critica duramente per la scarsa spontaneità dei partecipanti, dichiarandosi capace di fare molto di meglio. Un’altra chicca sono i disegni del sottomarino a pedali, realizzati da Polanski per progettare di fuggire dal luogo in cui svolgeva il servizio militare. Incredibile anche la schiettezza con cui l’autore polacco definisce Repulsion l’unica “marchetta” della sua carriera, mentre all’opposto risulta abbastanza prevedibile che sia Il pianista il film per cui vorrebbe essere ricordato: è proprio in quest’osannata pellicola che Polanski rivive l’infanzia triste in Polonia e il dramma del ghetto ebraico. Il film, ovviamente, allude anche al caso Samantha Geimer – ben raccontato da un altro documentario, Roman Polanski: Wanted and Desired – e tenta, attraverso degli accostamenti di immagini, nel montaggio, di mostrare il nesso tra la vita privata di Polanski e il contenuto dei suoi film. Non sempre vi riesce, ma di sicuro, pur nella sua convenzionalità stilistica, è un’opera utile per conoscere meglio un personaggio affascinante, geniale e… ottimista.
Roman Polanski: A Film Memoir [Id., Francia/Italia 2012] REGIA Laurent Bouzereau.
SOGGETTO Laurent Bouzereau. FOTOGRAFIA Paweł Edelman. MUSICHE Alexandre Desplat.
Documentario, durata 94 minuti.