Una nuova commedia è (forse) possibile
Diviso in tre episodi, uniti dalla cornice di un’agenzia di lavoro interinale i cui gestori hanno la funzione di cantastorie, Workers è una commedia ironica sulle difficoltà di molti giovani italiani nel trovare lavoro e sulla necessità di doversi accontentare di professioni di per sé degnissime ma non adeguate alle aspettative e certamente non facili.
Il film di Lorenzo Vignolo ha un merito di base: portare un po’ di aria fresca nel panorama della cosiddetta “neo-commedia all’italiana”, cercando di evitare il buonismo, il qualunquismo, il conciliatorismo e il didascalismo di molte nostre commedie degli ultimi anni, spesso ispirate da spunti di rilevanza sociale e risultate opere edulcorate abbastanza staccate dalla realtà. Con tutte le sue (non irrilevanti) imperfezioni, Workers evita questo rischio, così come, allo stesso tempo, cerca di non farsi ipnotizzare dalle sirene del politicamente corretto; lo si capisce già dai titoli di testa, lungo cui scorrono le immagini di stravaganti, ma in fondo verosimili, colloqui di lavoro. L’umorismo, il cui tono è diverso in ognuno dei tre episodi pur con una costante stravaganza di fondo, non cerca di smussare gli spigoli, non rinunciando ad essere “cattivo” e sgradevole, per rappresentare la sgradevolezza e l’angoscia vissute e percepite dai giovani protagonisti; allo stesso tempo, però, non c’è il tono di autoassoluzione totale per la nostra generazione, e la conseguente aria vittimista e lamentosa che avrebbe ammorbidito l’impatto del film.
Alla fine la dignità dei mestieri messi in scena è comunque ribadita, così come si ricompongono i rapporti personali messi alla prova, ma questo non è fatto in modo ingenuo nascondendo sotto il tappeto conflitti, contrasti e difficoltà. Queste sono le caratteristiche di fondo che staccano Workers dalla famiglia delle “neo-commedie all’italiana”, da cui anche la ricerca di tagli dell’inquadrature e scelte fotografiche particolari sembrano voler proclamare una diversità.
Delle tre storie le migliori sono la prima, una sorta di Quasi amici più verace, e la terza, mentre il secondo segmento è il più deludente, anche perché si basa sulle spalle di un inadeguato Dario Bandiera; sono proprio gli attori (che, al contrario, spesso nelle “neo-commedie” salvano con il mestiere e la simpatia il film in corner e mascherano la mancanza di idee di fondo) a deludere, soprattutto per quanto riguarda i comprimari, ma anche, per esempio, con un Pannofino eccessivamente sopra le righe. Inoltre, non sempre i tempi comici sono riusciti, con alcune gag troppo allungate, e perciò un po’ inamidate, e dialoghi poco divertenti su cui si insiste un po’ troppo. Con questi difetti, Workers – Pronti a tutto si pone comunque come un interessante punto di partenza per nuove commedie italiane più “cattive”, da migliorare e da seguire allo stesso tempo.