Ogni famiglia ha i suoi demoni
Se stavate aspettando con ansia un ruolo da vampiro per Johnny Depp eccovi accontentati. Forse vi chiedete come mai l’affascinante attore, famoso per i suoi ruoli da ”rockstar alcolizzata” non interpreti un vampiro a là Tom Cruise (Intervista con il vampiro), ma piuttosto un non-morto con i capelli unticci e con grandi occhiaie, tutt’altro che seducenti. In primo luogo perché la fisicità del personaggio resta fedele a quella del protagonista di Dark Shadows, soap opera americana degli anni ‘60 da cui è tratto l’omonimo film.
Il secondo motivo è semplicemente un nome: Tim Burton. Dunque se vi aspettavate un vampiro cool come se ne vedono ultimamente, avete sbagliato film. Barnabas Collins è un ritorno all’horror classico, la sua pelle albina brucia al sole e il suo appetito è soddisfatto soltanto da sangue umano. Reso vampiro da una strega gelosa (Eva Green), Barnabas resta quasi 200 anni imprigionato in una bara, per risvegliarsi negli anni ’70, tra hippie e fantasie optical, giusto in tempo per aiutare i suoi discendenti – sull’orlo del lastrico – a tornare agli antichi splendori. All’interno del film non è difficile trovare dei riferimenti alla filmografia del regista. Già tra le prime immagini troviamo un veliero che ci riporta all’incipit di Sweeney Todd, e il tono favolistico e l’alternanza tra atmosfera gotica e humour richiamano la poetica burtoniana di film come Il mistero di Sleepy Hollow ed Edward mani di forbice. L’umorismo di Dark Shadows è giocato sul gap generazionale che coinvolge il protagonista, dando vita ad equivoci “temporali” che lanciano frecciatine alla società attuale: non può passare inosservata la battuta sul McDonald’s, come non si può non intuire a chi si ispira la tenuta “da giorno” di Barnabas. Se i personaggi di Burton prima erano rifiutati dalla società perché strani ed eccentrici, l’unico limite di Barnabas sembra essere quello di appartenere a un’altra epoca, poiché la sua famiglia, in un modo o nell’altro, gli è affine.