Vampiri senza ardori
Il rischio è quello di ripetersi. Ed è un rischio che Tim Burton sfrontatamente accetta, ripresentando un cast già ampiamente collaudato in un tema più e più volte affrontato nei suoi precedenti lavori. Se la massima in questione è “squadra che vince non si cambia”, si potrebbe dire che con Dark Shadows il regista evita il collasso ed ottiene un buon pareggio, o forse una vittoria di misura, lasciando lo spettatore soddisfatto ma senza tuttavia ammaliarlo con uno dei tanti colpi di genio a cui ci aveva abituato.
I temi sono, in fondo, quelli cari al regista. La vendetta, meno efferata e truculenta di quella di Sweeney Todd e addolcita, invece, da uno humour che riesce a divertire – specie nella prima parte del film – grazie al senso di straniamento del vampiro Johnny Depp, ripiombato nel XX secolo per saldare i conti con un’antica maledizione che affligge i suoi discendenti. E se le battute non mancano e sono efficaci (“invecchio, divento bella la metà e sbronza il doppio” recita Helena Bonham Carter alla ricerca dell’elisir di lunga vita) manca quel quid in più, quella poesia che in La sposa cadavere divertiva, commuovendo. In Dark Shadows manca, appunto, l’emozione, la capacità lasciare un segno e di abbandonarsi del tutto alla magia della favola gotica. O meglio, Tim Burton il segno lo lascia, ma stavolta è un segno prettamente visivo, che prevale a discapito della psicologia dei personaggi, risolvendosi – nella seconda parte del film – in uno scontro tra titani degno di tenere testa al 3d, pur facendo a meno di qualunque effetto in computer grafica. Ed è proprio quest’equilibrio formale che frena il pastiche tra romanzo gotico e rock postmoderno: abusato, senz’altro, ma che funziona e diverte lo stesso. Diremmo quasi che Barnabas Collins è la metafora stessa del film: abbottonato e ingessato nella sua formale eleganza, che strizza l’occhio alle note del camp e del rock, senza però lasciarsi andare del tutto. E tuttavia va comunque detto: la trama è ben scritta, il montaggio ben diretto e una sontuosità di costumi, ambienti e dettagli troneggia sul resto. E se, alla resa dei conti, Dark Shadows non convince del tutto, resta il dato di fatto che – pur senza l’ardore di un tempo – il marchio Tim Burton vince lo stesso.