Uscire indenni da un campo minato
Attraverso le immagini filmate dalla videocamera di Andew (Dane DeHaan), la “cronaca” dei tre ragazzi di Portland che acquisiscono poteri speciali dopo aver scoperto una misteriosa roccia sotterrata nel bosco.
Per imitare le loro acrobazie in alta quota, la 20th Century Fox aveva realizzato una suggestiva campagna pubblicitaria, facendo volare nel cielo di New York robots dalla fisionomia umana, qualche giorno prima di distribuire il film. A tre mesi dall’uscita negli States, Chronicle sembra raccogliere consensi di pubblico e critica, riuscendo nel difficile compito di mettere insieme supereroi adolescenti e found footage, quanto di più abusato nel cinema degli ultimi anni.
Di giovani eroi convincenti se ne sono visti pochi dall’inizio nuovo millennio; nonostante siano stati più volte portati sul piccolo e grande schermo, nessun provetto Superman ha lasciato ricordi memorabili. Allo stesso modo, soprattutto nella fantascienza, il falso documentario non ha saputo rinnovare il proprio linguaggio cinematografico. Dopo buoni esperimenti costruiti furbescamente anche grazie al marketing virale – come fu per la Strega di Blair o agli alieni di Cloverflied – ha perso progressivamente forza in operazioni commerciali ed è oramai divenuto l’ultima frontiera delle “paranormal activities” che vorrebbero terrorizzare il pubblico giocando unicamente sull’ingenuo coinvolgimento emotivo dello spettatore difronte all’eccitante (anche se pur palese) finzione della realtà.
Al contrario, il regista Josh Trank e lo sceneggiatore Max Landis (figli del documentarista Richard Trank e del grande John Landis) dimostrano di avere del talento e la loro prima produzione indipendente trova il percorso giusto per inserire i due generi a contorno di una piccola parabola sull’adolescenza. Gli elementi fantastici contribuiscono a renderla più spettacolare e l’espediente del found footage – questa volta – risulta funzionale sia sul piano estetico che narrativo. La videocamera di Andrew, oltre ad immergerci nel mondo dei ragazzi ed essere il nostro punto di vista, è all’inizio l’unica arma per difendersi dalle violenze domestiche di un padre manesco e continuamente ubriaco. Diventa poi il mezzo per combattere la timidezza e conquistare la ribalta tra i coetanei. Parallelamente, i poteri da supereroi accentuano lo spirito goliardico degli adolescenti e con altrettanta forza il rovescio della medaglia di una età in cui basta poco per perdere il controllo e trasformare l’euforia in rabbia. È sull’intensa costruzione di questa dicotomia che il film gioca le sue carte migliori: la prima parte con i ragazzi che si divertono ad usare le loro abilità (senza pensare per un instante a diventare eroi) contrapposta alla seconda, dove la ribellione di Andrew viene esaltata dagli ottimi effetti speciali di Simon Hansen, capace di spendere bene i pochi soldi a disposizione.