Diva contro diva
Eloise Y. Kelly chiama canguri i rinoceronti, offre chewing gum alle scimmie e non ha idea di cosa sia un antropologo. Ma è spontanea e disinvolta, vezzeggia elefanti come fossero bebè e confida ai leoni le sue pene d’amore. Linda Nordley, al contrario, gli antropologi li conosce benissimo – ne ha persino sposato uno – ma in mezzo alla savana è del tutto smarrita e la fortezza della sua virtù capitola al fascino selvatico di Vic, incaricato di fare da guida in un safari incandescente.
Se il soggetto è senz’altro atipico – quel Red Dust di Collison già adattato ne Lo schiaffo di Fleming (1932) – Mogambo non è certamente il primo non-western di Ford (primato che invece spetta a Il principe di Avenue A) e a questo suo scorrere liscio nel mare magnum dell’opera fordiana deve probabilmente parte della noncuranza che negli anni si è guadagnato. Messo nell’ombra da Il sole splende alto (1953), fiasco commerciale ma amato dal regista, Mogambo ha tutti i numeri di un piccolo cult, a partire da un cast femminile che gli è valso due nomination agli Oscar e un Golden Globe. L’Eloise di Ava Gardner è un portento di sensualità che irretisce il suo cacciatore con gesti languidi da vera pantera. Ballerina istintiva e disinibita, è l’emblema della fisicità ma, come la Dallas di Ombre Rosse, nasconde un cuore d’oro sotto forme altrettanto generose. Linda Nordley è il suo contraltare, fragile e tenera come sa esserlo Grace Kelly, tanto imbrigliata nelle regole sociali quanto ardente di passione repressa. L’ardua scelta che spetta a Vic è qualcosa di più di un compito lusinghiero. I coniugi Nordley portano la civiltà laddove da sempre trionfa la natura. Abiti eleganti, medicine e formalità fanno il loro ingresso nel “regno” di Vic – un Clark Gable amabilmente sornione – e nel suo adattarsi per conquistare la bella Linda c’è un addomesticamento che Eloise non riconosce. L’opposizione tra le due coppie è dunque il riproporsi di un tema tipicamente fordiano e non stupisce che i due outsider, portatori di valori innati come il coraggio e la sincerità, si dimostrino infine ben più magnanimi dei loro doppi civilizzati. Come in molte opere di Ford il coronamento del loro amore passa attraverso un lungo percorso di conflitti, percorso fisico oltre che interiore e di nuovo affidato a un baluardo di civiltà – la jeep del safari – che si addentra in una wilderness rigogliosa. Il finale tutto sommato conciliante non inficia un apparato magistralmente gestito e una sceneggiatura che sulle basi del melodramma inserisce ambiguità e doppi sensi di sana ironia. Ford dirige con la consueta maestria alternando agli orizzonti incendiati e alle coreografie tribali sequenze documentarie degli animali ripresi allo stato brado, mentre i canti e i tamburi della colonna sonora confermano – se mai ce ne fosse bisogno – l’attitudine rigorosa a restituire i suoni tipici del folklore e del contesto rappresentato, com’era stato in precedenza per i canti inglesi e irlandesi. Piccola perla dal fascino esotico, Mogambo è il frutto riconoscibile di un’autorevole perfezione.
Mogambo [Id., USA 1953] REGIA John Ford.
CAST Clark Gable, Ava Gardner, Grace Kelly, Laurence Naismith.
SCENEGGIATURA John Lee Mahin (tratta dalla pièce teatrale Red Dust di Wilson Collison). FOTOGRAFIA Robert Surtees, Freddie Young. MONTAGGIO Frank Clarke.
Avventura/Drammatico/Sentimentale, durata 115 minuti.