La forza delle immagini
Intendiamoci, il cinema non è il tribunale. Un film resta comunque un film: la rappresentazione di un fatto, più o meno vicina alla verità, ma non la Verità di un’intera vicenda. Quella spetta ai giudici e non ai registi.
A meno che non si tratti di un documentario, ma Diaz non è un documentario sul G8 e nemmeno un film Verità. Vicari mostra – ed è questo il punto di forza del film – uno spaccato dei fatti di Genova attenendosi ai documenti giudiziari.
È una parte e non il tutto, che lascia fuori il resto: cos’era il G8, quali le argomentazioni dei manifestanti e tanto altro ancora. Manca, alla resa dei conti, una nota didascalica che contestualizzi l’irruzione alla scuola Diaz da parte delle forze dell’ordine e che, nel suo dare per scontato il contesto storico, si astiene dall’esaustività sui fatti o dai giudizi sulle argomentazioni. Messa da parte la pista della costruzione veridica e documentaristica, il film tuttavia si affida a una struttura narrativa piuttosto esile rispetto alla forza delle immagini che mostra: il poliziotto (Claudio Santamaria) buono che si oppone alla violenza dei black block e che in un certo senso pareggia i conti nella distribuzione delle colpe. L’espediente narrativo (singole persone che per vari motivi si sono ritrovate loro malgrado alla Diaz) serve così unicamente a mostrare l’accaduto all’interno dell’edificio scolastico. Scorporato anche di una storia con personaggi dai contorni netti, il film diventa essenzialmente corale e lascia che le immagini – violente, purtroppo – prendano piede per tutta la durata del film. Il visivo prevale, forte di una ricostruzione molto dettagliata di Genova, città sotto assedio, e coadiuvato da un attendibile scenario linguistico in cui studenti di varie nazioni parlano nella loro lingua. Grazie a un uso sapiente del montaggio e alla colonna sonora di Teho Teardo il ritmo è sostenuto e mantiene alta l’attenzione dello spettatore, difficilmente indifferente alla carneficina che si ritrova davanti agli occhi. Certo, è tutt’altro che piacevole vedere i corpi massacrati da una violenza becera e gratuita e si fa fatica a sopportare le umiliazioni sessiste avvenute a Bolzaneto. Si vorrebbe credere che sia solo un film, ma purtroppo quella è storia. Ed è proprio quella storia di violenza di un’Italia fintamente democratica che Vicari voleva mostrare, ricordare, lasciare ai posteri. Perché quel sangue non deve essere lavato. Diaz è un film che mostra anzitutto quel che è successo quella notte. E per raccontare il resto che si apra pure il dibattito, ma il regista ha fatto intanto quel che doveva: un buon film dal forte impegno civile, che mostra quel singolo episodio di violenza. Una goccia nel grande mare di violenza che furono i fatti di Genova.