Ti fidi di Cameron?
Il padre del transatlantico affondato al cinema quindici anni fa riemerge dal pianeta Pandora con il fedele modellino, lucidato e rieditato in terza dimensione, sull’esempio delle battaglie intergalattiche riproposte dal compagno di rendite George Lucas, che come Cameron, alle navicelle (spaziali) sembra proprio non volere rinunciare.
Imitato, parodiato in ogni salsa in alcune delle sue più celebri sequenze – prima fra tutte la posa “I’m flying!”, ossessione di fine secolo cullata dalle onde sonore del flauto dolce di My Heart Will Go On – il Titanic leva nuovamente le ancore nel centenario del suo reale inabissamento, in una versione che investe lo spettatore di un’esperienza percettiva frastornante, al pari di quella vissuta nel cinema delle origini con L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat. Sospendendo il dibattito sulle modalità di proiezione non uniformi che riguardano il 3D in Italia, l’attracco alla stereoscopia così come concepito nella mente di Cameron coinvolge adesso non una pellicola qualsiasi, ma il Kolossal dei Kolossal, che per protagonista si avvale di un elemento perfettamente congeniale all’immersione visiva tridimensionale, l’acqua, e che partendo da un primato già raggiunto negli incassi, rischia di creare il primo precedente storico in cui un regista supera se stesso con il medesimo film. Dal momento dell’impatto con la massa di ghiaccio veniamo catapultati in una simulazione tattile tipica delle attrazioni da luna park. Le quaranta mila tonnellate del bestione di ferro si smantellano una ad una, colpendoci in pieno volto con il corredo di cristalli e mobilia, mentre gli schizzi sollevati dalla corrente e il dondolio convulso accentuano il senso di nausea. Titanic 3D però, non è solo la giostra di Hollywood carica di disperati in cerca di fortuna, trappola mortale nel diluvio universale che inghiotte l’Arca con le sue millecinquecento anime e teatro in cui vanno in scena l’egoismo dell’uomo e la lotta per la sopravvivenza. È un tuffo nei ricordi per chi la tragedia del gigante dei mari la gustò insieme ai pop corn comodamente seduto in sala, lasciandosi annegare nella prima parte del film in una delle più struggenti storie d’amore care alle aziende produttrici di kleenex. Jack Dawson, artista vagabondo, ubriaco di vita, aspetta ancora al tramonto sulla prua galleggiante orde di ragazzine (nel frattempo cresciute) pronte a venerarlo e a detestare l’aristocratica Rose Dewitt Bukater, bambola di porcellana imprigionata in una campana di vetro, stretta tanto nel bustino quanto nelle convenzioni sociali. Oggi come allora, il volo d’angelo dei due Romeo e Giulietta precipiterà beffardamente sul fondo dell’oceano non a causa dell’esaltazione futurista per il mito della macchina e della velocità, per i cancelli di classe o le scialuppe insufficienti, ma per la stazza di lei, talmente possente da impedirle di condividere la tavola che salvi entrambi dall’ipotermia. Intanto la gara di intelligenza disputata con la tecnologia prosegue lungo la rotta. E se il genio dell’autore si è arenato, la creatura titanica continua a fungere da spartiacque di giudizi contrastanti, che nell’ottica odierna si caricano di un peso aggiuntivo. Il valore inaffondabile della dignità di un Capitano, che anziché fuggire dalle responsabilità al suon di un “Vabbuò”, muore aggrappato al timone della sua nave.
Titanic [id., USA 1997] REGIA James Cameron.
CAST Leonardo DiCaprio, Kate Winslet, Billy Zane, Kathy Bates, Victor Garber.
SCENEGGIATURA James Cameron. FOTOGRAFIA Russell Carpenter. MUSICHE James Horner.
Drammatico, durata 194 minuti.