Non la solita Biancaneve
Fiaba atipica la Biancaneve raccontata dal regista indiano Tarsem Singh (The Fall, Immortals).
Invidiosa della bellezza della figliastra, una regina cattiva ordina che la fanciulla venga condotta nel bosco e lì uccisa. Biancaneve però viene risparmiata dal suo boia, che la lascia fuggire nel profondo della foresta, dove si dice viva una bestia feroce. Qui la ragazza si imbatte in una banda di 7 nani, abilissimi briganti sui trampoli, e con il loro aiuto tenta di salvare il suo popolo dalla povertà e il suo amato principe dalle grinfie dell’odiosa strega.
Certamente non è la fiaba a cui ci ha abituati il caro vecchio Walt Disney; è piuttosto una versione riveduta e corretta che cerca di tenere il passo coi tempi, riuscendoci peraltro in maniera piuttosto egregia. I tempi sono cambiati e Biancaneve non è più la fragile fanciulla che aspetta di essere salvata, ormai è cresciuta e ha capito che se le cose non vanno come dovrebbero è il momento di rimboccarsi le maniche e non dar retta ai cattivi consiglieri.
Come da manuale, anche la versione 2012 del celebre racconto dei fratelli Grimm è impregnata di ammiccamenti e allusioni, metafore più o meno celate e simbolismi che segnano il percorso. Come lo specchio magico della regina, che non è più uno specchio dove guardare ma uno specchio d’acqua nel quale immergersi completamente, quell’acqua che nella tradizione simbolista rappresenta l’inconscio più profondo, sede dei desideri più nascosti; oppure il contrasto cromatico e concettuale bianco/nero che viene portato avanti (forse un po’ ingenuamente) per tutto il film.
L’aspetto interessante però è l’ibridazione che subisce questa Biancaneve. Nel corso della vicenda troviamo elementi che hanno caratterizzato altre fiabe o leggende. La prima che balza all’occhio è la leggenda di Robin Hood: Neve, stanca delle vessazioni che il suo popolo subisce, decide assieme alla sua gang di nani giganti di derubare la regina per restituire i soldi delle tasse alla povera gente. Un altro cenno , forse meno evidente, è quello alla storia della Bella e della Bestia, non solo perché Neve viene rinchiusa nel castello e trattata come una fragile rosa, ma perché lei stessa viene creduta una belva feroce rinchiusa nel castello dalla regina per la salvezza dei suoi sudditi.
Possiamo notare varie altre citazioni, come il ciondolo a forma di luna di Grimilde che tramite un incantesimo tiene prigioniero il re e il vestito da cigno bianco di Biancaneve, richiamo evidente al Lago dei Cigni, o ancora accenni a Cappuccetto Rosso o l’immaginario piratesco.
Tutto questo per segnalare come, per sopravvivere al nuovo mondo in cui viviamo, Biancaneve deve diventare Robin Hood, travestirsi da Odette e far credere di essere una bestia. In un mondo ibrido come il nostro, dove tutto si mescola e si ricrea continuamente senza posa, a nessuno è permesso di rimanere fisso nella sua posizione lasciando che il cambiamento scorra davanti ai suoi occhi restandone immune; anche le fiabe dunque hanno bisogno di diventare altro per non rimanere indietro rispetto al pubblico a cui vengono raccontate.