Fantasmi…
Fa sempre piacere scoprire che il cinema italiano sta producendo un film di genere, in questo caso un horror, genere che in tempi ormai remoti ha rappresentato per la nostra cinematografia motivo di orgoglio e di emulazione anche a livello internazionale, purtroppo però i tempi d’oro sono finiti e le cose sono cambiate.
P.O.E. (Poetry of Eerie) è un progetto che vede riportare su grande schermo alcune novelle di Poe attraverso un film collettivo realizzato da quindici registi indipendenti italiani che, con tredici cortometraggi, in qualche modo cercano di rielaborare in chiave contemporanea le paure e le angosce raccontate dal maestro del terrore. Il film, che sarà distribuito esclusivamente all’estero, è stato presentato a Cinemazero di Pordenone, realtà sempre sensibile all’underground italiano. Se l’idea iniziale era nobile e certamente intrigante, il risultato finale nella sua globalità purtroppo è indifendibile, i cortometraggi soffrono di una carenza di scrittura e soprattutto non fanno paura, anzi, spesso lo spettatore si trova a ridere per un comico involontario. Di quindici cortometraggi se ne salvano solo due, nonostante la supervisione e l’apporto di Domiziano Cristopharo, autore di genere che si è fatto notare nel panorama indipendente, e serbano in qualche modo le atmosfere di Poe: i corti in questione sono Gli occhiali di Matteo Corazza e Il gatto nero di Paolo Gaudio. Il primo assembla ben tre testi di Poe per raccontare la storia di due fratelli belli e ricchi e del loro singolare modo di ottenere lo cherry, attraverso un racconto visivamente elegante e che ci regala qualche sano spavento, mentre il secondo è forse il racconto più conosciuto realizzato qui però attraverso un’animazione in plastilina che non ha niente da invidiare a produzioni hollywoodiane. Passi il poco tempo a disposizione, i corti dovevano essere realizzati in due mesi, passi la materia a volte complessa del pensiero poeniano, ma il sentore è che l’operazione abbia abbassato la qualità generale attraverso la scusa dello scarso budget a disposizione, dimenticandosi che l’artigianalità era alla base del cinema di genere che fu e con pochi mezzi si realizzavano ottimi lavori. Qualche corto ha anche dei momenti visivamente interessanti, ma le dizioni dialettali degli attori e la loro scarsa espressività fa subito cadere il palco; P.O.E. vorrebbe “aggiornare” racconti entrati nella letteratura classica, ma si risolve nel rovinarli a volte anche con velleità autoriali che fanno irritare e sorridere perché fuori luogo, sembra, in alcuni momenti, di essere davanti ad un trailer alla Maccio Capatonda o al racconto di una barzelletta. Nessun contatto con il mondo horror, viceversa solo tanta noia e dispiacere per uno spettatore che vede lungaggini e stratagemmi degni del peggior cinema intimista italiano. “Ma non era un film horror?” mi chiede la mia vicina, non so come risponderle…so solo che rimane il rammarico per un’occasione mancata.