“Con il cuore in quella piazza…”
“Violenza al posto delle idee”. Questa è la descrizione del periodo della cosiddetta strategia della tensione, che caratterizzò gli anni Settanta italiani, data dal personaggio di Aldo Moro nel nuovo film firmato Marco Tullio Giordana.
In questo film a capitoli, l’Italia si (ri)trova sbattuto in faccia uno dei suoi tanti misteri irrisolti: la strage di Piazza Fontana, una macchia nera nella fedina della Storia da cui probabilmente il paese non si riscatterà più.
Tanti nomi, tanti volti delineano questo triste capitolo italiano. La cinepresa di Giordana è un occhio che indaga, scruta, esamina, cerca qualcosa che è sfuggito, o meglio, cerca di portare allo scoperto ciò che invece è ancora coperto da molti anni. L’opera è quasi un riscatto da parte di una generazione (quella di cui fa parte Giordana) che ha vissuto quella vicenda nel pieno della propria gioventù e che non ha ricevuto risposte alle proprie domande; una gioventù che nell’arco di dieci anni si è vista spazzare via i valori della verità, dell’onestà, del rispetto e che si è trovata a dover costruire da zero un paese che ha dovuto sopportare (e superare) troppa sofferenza.
Giordana certo non è nuovo ai film d’inchiesta. Ha sempre messo in scena lotte sociali e politiche: dalla prima collaborazione con Faenza sul potere democristiano, Forza Italia! (1977) alla saga per la Rai, La meglio gioventù (2003), uno spaccato generazionale della Storia italiana dal secondo dopoguerra ad oggi.
Romanzo di una strage, in particolare, è intriso di un velo di melodramma e di una sorta di muto rispetto verso le vittime civili dell’attentato (alle quali, tra l’altro, il film è dedicato) e verso quelle “morali” uccise dallo Stato; come il “fantasma” di Pinelli che si manifesta al commissario Calabresi, un’oscura ombra che ha macchiato per sempre la coscienza italiana.