filmforum, Udine-Gorizia 20-29 marzo 2012
I fantasmi del colonialismo
Anche il documentario approda al FilmForum di Gorizia, con i lavori di Vincent Meessen e Sven Augustinijnen, rispettivamente Vita Nova e Spectres. Meessen reinterpreta varie forme di produzione artistica manipolando i codici classici della rappresentazione per creare una forma ibrida, al confine tra documentario e arte concettuale, che lui stesso definisce “documents of experience”.
L’artista usa diversi media allo scopo di “portare alla luce le ombre della cultura contemporanea”. Nel suo lavoro Augustinijnen sviluppa una riflessione sulle modalità di ricostruzione degli eventi storici del passato e sull’eredità del colonialismo al giorno d’oggi.
Risulta interessante vedere proiettate consecutivamente due opere che, pur essendo entrambe incentrate sul passato coloniale in Africa di due nazioni europee (Francia e Belgio), hanno grandi differenze di stile e di approccio al soggetto. Vita Nova è un mediometraggio estremamente concettuale che parte dall’analisi di Roland Barthes in Mytholigies (1957) della famosa foto copertina di “Paris Match” raffigurante un bambino africano in uniforme francese immortalato nella plastica posa del saluto militare. Accompagnate dalle parole di Barthes lette da un uomo africano, ecco scorrere alternativamente immagini odierne di bambini del Burkina Faso e della Costa d’Avorio impegnati in esercitazioni militari e documenti di repertorio. Se nell’analisi di Barthes l’iconica immagine non ci dice nulla sul bambino fotografato, ma contiene invece un messaggio di devozione alla grande potenza occidentale colonizzatrice, la riflessione di Meessen riparte da quello stesso bambino, oggi estraneo rispetto al vecchio passato coloniale. Un passato che aleggia ancora come un fantasma e che tuttavia pare ormai dimenticato, come le parole della Marsigliese che un anziano africano, memoria storica degli anni precedenti all’indipendenza, tenta invano di ricordare. Spectres ripercorre invece le ferite ancora aperte del colonialismo belga in Congo. Augustinijnen segue il politologo e alto funzionario Jacques Brassinne de la Buissière, che ripercorre gli eventi che causarono e seguirono l’assassinio del Primo Ministro congolese Patrice Lumumba nel 1961. Attraverso gli incontri con storici e membri della corte in Belgio, con i discendenti di Lumumba in Congo, fino alla ricerca del luogo preciso dell’agguato nella boscaglia africana, Brassinne tenta di far luce su un evento doloroso del passato, sulle cui effettive responsabilità resistono coni d’ombra. La scelta di una regia trasparente che “lascia la parola” alle immagini e non interviene mai direttamente nella narrazione, coglie le sfumature di volti invecchiati dal tempo e ancora alla ricerca di una verità inequivocabile. E tuttavia ecco i giovani uomini africani osservare con curiosità la videocamera, piuttosto che l’anziano signore bianco interessato alle rovine di una casa dove fu tenuto prigioniero Lumumba e ai vecchi alberi dove avvenne l’esecuzione. Gli sguardi catturati da Augustinijnen sono interrogativi, quasi di sospetto: non viene compreso tanto interesse per un evento drammatico di cinquanta anni fa. E’ una storia per vecchi, in un paese dove si guarda alla sopravvivenza quotidiana e si spera in un futuro migliore. Gli spettri delle cruente ingiustizie passate rimangono solo per noi occidentali a nutrire il nostro tipico senso di colpa: quello postumo.