filmforum, Udine-Gorizia 20-29 marzo 2012
Punk Hardcore
Siamo abituati a pensare al porno quale categoria estranea rispetto al panorama audiovisivo “canonico”. Se infatti all’interno di quest’ultimo, la varietà di generi, filoni, autori, stili interessano un mercato più o meno comune, il film pornografico presenta caratteristiche produttive, stilistiche ed estetiche totalmente autonome.
Il Filmforum di Udine-Gorizia ha, quest’anno, ospitato una personalità particolarmente interessante all’interno del percorso Cartography of Pornographic Audiovisual: Bruce LaBruce.
Parlare di lui come regista pornografico, è sicuramente riduttivo. Se, infatti, la componente attrazionale del genere hardcore è dovuta principalmente ad una risposta fisiologica da parte del fruitore, il percorso artistico di LaBruce stimola riflessioni di tutt’altra caratura. In prodotti come Super 8 ½, Give Peace Ass a Chance, The Raspberry Reich, emerge, con ogni evidenza, un sacrificio della componente più prettamente “porno”, a favore di un autonomia creativa degna di un auteur nel senso più classico del termine.
Esponente del movimento punk di Toronto, Bruce LaBruce può considerarsi uno dei fondatori dell’ ala più prettamente queer dell’ambiente. Creatore della fanzine J.D.s, dedicata al genere queer-core (ovvero a quel movimento culturale i cui appartenenti uniscono attitudine punk e orgoglio omosessuale) il suo cinema pare proprio ispirato a quell’immaginario underground, nichilista ma velato di humor, tipico della scena punk-rock degli anni ’80. E’ la parodia la caratteristica che accompagna l’intera opera del cineasta canadese: se in Super8 ½ (1993) si costruisce uno scherzoso memoriale di un filmaker a luci rosse, è l’immaginario terrorista e radical chic ad accompagnare la bizzarra trama di The Raspberry Reich (2004); se L.A. Zombie (2010) può essere definito un “gay-gore-porn-zombie movie”, è solo con Skin Flick (1999) che l’ingrediente più prettamente “porno” prende il sopravvento (unico suo film prodotto da una casa specializzata in pornografia omosessuale, la Cazzo Film di Berlino), il tutto correlato da una marcata propensione riflessiva, tanto da essere definito dalla critica, “Pornographic Brecht”.
LaBruce intrattiene un rapporto critico col suo genere al pari di altri cinefili, altrettanto accorti ma sicuramente più soggetti alle leggi del mercato come, ad esempio, Quentin Tarantino. Quello che nell’opera del regista texano molte volte viene classificato come pulp, in realtà è un discorso intorno al pulp, nel senso che la violenza non può mai sovrastare l’ironia. Analogamente, in LaBruce, il corpo nudo e scandaloso dell’individuo non può mai sovrastare il motto di spirito tendenzioso e politicizzato.
Non ci abitueremo mai abbastanza al cinema di LaBruce, così come non ci abitueremo mai all’idea che un genere così poco presente nella critica militante, soprattutto in Italia, abbia tanto da raccontare.
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