L’Orchidea d’acciaio
Il coraggio di una donna, la forza di un uomo, uniti alla volontà di un Paese di lottare per la propria libertà. Perché il dolore che causa una dittatura va eliminato in favore di una democrazia. Anche se la strada è lunga e in salita.
The Lady racconta la vera storia di Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace nel 1991. Rimasta orfana del padre a soli 3 anni, assassinato dagli oppressori mentre lottava per l’indipendenza birmana, continua poi la sua vita a Oxford, dove si sposa con un professore universitario, Michael Aris (David Thewls), e ha due figli. Ma nel 1988 torna nel suo adorato Paese natale, la Birmania, per assistere alla madre morente. E inizia la sua lunga corsa per la libertà, per sconfiggere il potere assoluto dei generali, per la democrazia, che lei ha pagato con più di vent’anni di arresti domiciliari e una vita familiare sacrificata.
Luc Besson non si smentisce e continua a parlare di donne. Donne fuori dal comune per la loro tenacia e grinta. Ma se le protagoniste di Nikita, Léon e Giovanna d’Arco sono frutto dell’immaginazione del regista visionario francese, in The Lady siamo di fronte ad un personaggio reale. La sceneggiatura, questa volta, viene affidata a Rebecca Frayn. Ci sono voluti più di quattro anni di ricerche e approfondimenti per non lasciare nulla al caso, ogni dettaglio era importante per rendere al meglio l’omaggio a Aung San Suu Kyi. Ma al contrario degli altri film di Besson, qui spicca anche la figura maschile, il marito Michael (interpretato da un bravissimo David Thewls). È lui che la incoraggia sempre, che non perde occasione di rendersi orgoglioso di lei, che la ama a tal punto da non ostacolarla nel suo sogno. Perché è anche merito suo se la leader birmana ha lottato così assiduamente. Ha avuto una famiglia che l’ha sempre supportata.
Il regista, però, non si sofferma solo sulla figura di Aung San Suu Kyi e sul suo percorso politico. Alterna inquadrature forti e crude che testimoniano tutto il male di cui è capace un essere umano, a campi totali che rendono giustizia alla bellezza di una Birmania troppo spesso dimenticata. Degna di nota è Michelle Yeoh, capace di immedesimarsi totalmente nella protagonista, soprattutto nel contegno e nella postura; ma agli occhi di tutti rimarrà indelebile il coraggio di una donna che ha sfidato una dittatura, e in primis se stessa, per portare libertà e democrazia ad un Paese lontano da tutti e da tutto. Aung San Suu Kyi è stata liberata dagli arresti domiciliari il 13 novembre 2010. Solo questo dovrebbe fare pensare molto.