Piovono mucche
Cosa Piove dal cielo? dell’argentino Sebastiàn Borensztein è il vincitore dell’ultima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, dove si è aggiudicato anche il premio del pubblico.
Il titolo originale, Un cuento chino, significa “un racconto cinese”, e la vicenda prende avvio proprio in uno specchio d’acqua del paese orientale, dove una giovane coppia è in gita in barca; la consegna dell’anello di fidanzamento è bruscamente interrotta da una mucca che piovendo dal cielo uccide la ragazza (una cosa del genere si è già vista nel bellissimo Luna Papa, film del 1999 dell’impronunciabile regista tagiko Bakhtiar Khudojnazarov). Dopo questo lancinante prologo, la visione si sposta dall’altra parte dell’oceano, a Buenos Aires, dove incontriamo Roberto, ferramenta di mezza età, introverso fino alla patologia, solitario, brontolone, nevrotico e che tende ad evitare il più possibile rapporti e contatti umani. Roberto ha l’hobby di ritagliare gli articoli più strani che legge sui giornali, e conservarli in appositi album, dopo avere immaginato se stesso protagonista delle vicende lì raccontate, in una sorta di esistenza virtuale. La sua vita cambia quando incontra il giovane cinese che noi abbiamo già conosciuto nei primi momenti del film, trasferitosi in Argentina per cercare suo zio e subito derubato da un tassista. Preso da compassione, Roberto lo ospita e lo aiuta nella ricerca, ma è presto costretto ad una convivenza forzata, aggravata dal fatto che nessuno dei due capisce una parola nella lingua dell’altro. L’inedito rapporto crea un grande numero di problemi per il ferramenta, portandolo ad un passo dall’esaurimento, ma, dall’altro lato, avvia e accompagna un lungo processo di catarsi e di rielaborazione del lutto (alla fine del film scopriamo quale è stato il drammatico evento scatenante la chiusura in se stesso del protagonista); Roberto, quindi, si riaprirà al mondo e farà ripartire la sua vita grazie al rapporto con il giovane cinese, al contatto con le sue difficoltà e al comune passato segnato da tragedie. La vicenda è raccontata non in chiave intimista e psicologica, ma con le armi della comicità che sottolineano l’estraneità di Roberto e del giovane cinese dal mondo e dalla vita, oltreché evidenziare i paradossi e gli equivoci causati dalla strana convivenza. Si ride molto, e il regista mostra maestria nel gestire i tempi comici e nell’evitare di cadere nella comicità gratuita e “stonata” con il senso dell’opera. Sarebbe un ottimo film, se non si presentasse il tarlo del dubbio di un’eccessiva programmaticità dell’opera, che appare un po’ troppo studiata a tavolino, e un po’ troppo “furbetta” per convincere davvero fino in fondo.