Il Florence Korea Film Fest compie dieci anni. La manifestazione fiorentina gemellata al Busan International Film Fest festeggia un traguardo non soltanto anagrafico. In questo decennio il cinema coreano è cresciuto e maturato fino a dimostrarsi, anche a livello internazionale, una presenza incisiva e in ascesa.
Autori come Kim Ki-duk, Lee Chan-dong e Park Chan-wook hanno rivelato un panorama artistico quantomai rigoglioso con film considerevoli tanto per la densità dei contenuti quanto per l’originalità delle soluzioni espressive.
A fronte di una cinematografia tanto fertile il Florence Korea Film Fest svolge un ruolo essenziale in vista della sua promozione e diffusione, con un occhio di riguardo per la produzione indipendente e il delinearsi di riconoscibili dinamiche di genere. Quest’anno la kermesse si è aperta con la proiezione di Always di Song II-gon, regista di punta della nouvelle vague coreana, e prevede appuntamenti altrettanto allettanti, come Secret Sunshine di Lee Chang-dong e Poongsan di Juhn Jaihong, giovane allievo di Kim Ki-duk, il cui Arirang chiuderà la rassegna nella sera di sabato 31 marzo.
Ma il cinema, si sa, è fatto anche di volti. Così accanto alle storiche sezioni Independent Korea e Orizzonti coreani, all’immancabile Notte-Horror e allo spazio dedicato alla K-Comedy, è prevista una retrospettiva in omaggio a Song Kang-ho, l’attore più rappresentativo del cinema coreano contemporaneo, peraltro ospite del festival nella giornata di martedì 27. E’ lui uno dei protagonisti di The Good, The Bad, The Weird del regista Kim Je-woon. Il film- esplicito omaggio a quel capolavoro che è Il buono, il brutto, il cattivo di Sergio Leone- costituisce un’operazione divistica di tutto rispetto e affianca al già citato Song due volti ben noti al pubblico coreano: Jung Woon-sung e Lee Byung-hun. Nei panni di impenitenti fuorilegge i tre si inseguono e si scontrano nella Manciuria degli anni ‘30 per il possesso di una fatidica mappa. Naturalmente c’è di mezzo un tesoro, oltre a una taglia e a un certo rancore. E naturalmente si arriva al duello, quello a tre, come insegna Leone. A rendere il film di Kim tutt’altro che banale, oltre alla qualità ammirevole delle performance, sono un umorismo sapientemente dosato e uno sguardo straordinariamente mobile. Dalle scaramucce in treno agli inarrestabili inseguimenti, dalle esplosioni alle sparatorie, agli scontri rocamboleschi con banditi russi ed esercito giapponese non c’è un solo momento in computer grafic né un attimo di tregua. Il ritmo procede al galoppo avvalendosi di un montaggio serrato ma anche, quando serve, di panoramiche vertiginose e carrelli spettacolari, oltre a un uso del dolly a dir poco virtuoso. La ricchezza policroma di covi e bordelli, esaltata da un’eccellente fotografia, si alterna alle grigie distese desertiche dove uomini e rotaie si rincorrono all’infinito.
E’ puro cinema di azione diretto con intelligenza e divertita autoironia. Non sempre di un kolossal si può dire altrettanto.