Un pot-pourri fumoso più che “fiammeggiante”.
Ghost Rider, inventato e portato al successo dall’americana Marvel Comics, è un personaggio di albi a fumetti, i cui protagonisti sono esseri umani dotati di super poteri, destinati per lo più a un pubblico giovanile che in essi trova modelli da imitare o su cui fantasticare.
Egli appartiene però ad una categoria di supereroe divergente dagli usuali stereotipi: il suo nome è Johnny Blaze di professione stuntman e, nel nobile tentativo di salvare suo padre, ha fatto un patto con il diavolo. Di conseguenza è costretto a trasformarsi, suo malgrado, in un demone dell’inferno che prende forma con un teschio infuocato, a cavallo di una moto altrettanto arroventata, menando colpi all’impazzata e usando, a mo’ di frusta, una catena con cui incenerisce i malcapitati avversari; Johnny cerca in tutti i modi di liberarsi dal maleficio e, trasportato dalle circostanze, si trova sempre alleato con le forze del bene.
Già portato nelle sale cinematografiche nel 2007, per la verità con scarso successo, il centauro fiammeggiante torna questa volta sullo schermo per liberare dalla maledizione un bambino concepito dal demonio in persona e destinato, quale novello anticristo, a portare il male sulla terra. Trascinato nella lotta da una setta di monaci guerrieri impegnati da sempre a contrastare le forze oscure, il motociclista demoniaco, insieme alla madre del piccolo, si scontra con i malvagi di turno in movimentati duelli all’ultima… scintilla.
I registi del film, forse rendendosi conto della fragilità della trama e nel tentativo di conferirgli un taglio di action movie, hanno impunemente mischiato il sacro con il profano, cercando di privilegiare al massimo le scene spettacolari. Essi infatti, alternandoli con le smorfie di un Nicolas Cage lontano anni luce dall’intenso Ben Sanderson di Via da Las Vegas o dal pur controverso Saylor Ripley di Cuore selvaggio, filmano con indubbio mestiere adrenalinici inseguimenti on the road, violenti combattimenti e sequenze a cui il 3D assicura, per la gioia degli appassionati del genere, un emozionante impatto visivo; ciò nonostante, non riescono assolutamente a sdoganare il film dalla mediocrità tipica di un B movie.