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Tenace come gli inferi è la passione
Sfuggire dalla logica del documentario non è semplice: montare cronologicamente spezzoni di interviste e testimonianze, seguire i protagonisti nella loro vita di sempre è la prassi; far trasparire da tutto ciò l’umanità dell’artista non risulta un’operazione automatica.
Il regista e sceneggiatore inglese Sacha Gervasi col suo film dedicato alla storia degli Anvil, band heavy metal canadese, riesce a mescolare la classicità del genere senza perdere di vista la sensibilità nel ritrarre dei musicisti che prima di essere solo materiale da filmare sono soprattutto delle persone. Di base, la loro carriera è una grossa fonte d’ispirazione, costituita da un quarto d’ora di successo negli anni ’80 e trent’anni di tentativi per sfondare nell’olimpo della musica, rimanendo sempre nelle ultime file a sfornare album per un pugno di ammiratori incalliti, a volte nemmeno per quelli. Focus aperto sui due storici fondatori della band: Lips, eclettico, infervorato, ribelle e vibrante come la sua chitarra rossa e Robb, solido, pacato, la pulsazione di fondo che imprime ritmo al pari della batteria che suona. Entrambi con una vita propria fatta di famiglia, lavoro, problemi e passione, complici da adolescenti, uniti più che mai a cinquant’anni senza perdere l’entusiasmo dei venti. Per non perdersi nel citare i titoli che hanno portato sul grande schermo l’heavy metal, si può tentare un confronto con il più conosciuto This is Spinal Tap, al quale Anvil! è stato più volte paragonato: la differenza di base che giustamente li divide sta nel rendersi conto che se gli Spinal Tap sono una band fittizia costruita a tavolino dalla sceneggiatura, gli Anvil sono veri, e proprio per questo estremamente autentici. Una delle scene più toccanti è lo sfogo di Lips mentre tenta di spiegare l’affetto che prova per l’amico, la forza che trae dalla sua presenza, la devozione per la loro famiglia d’arte e d’amicizia. Allontanandosi così dal mito del musicista maledetto per approdare nell’universo fatto di sentimenti, la loro immagine non viene minata, semmai fortificata dall’aggiunta di una sfumatura inedita, a metà strada tra la parodia di se stessi e il trionfo dello spirito umano. Ciò che ne risulta è un ritratto autentico di una passione corroborante, che infiamma lo spirito e crea emozione; la felice risoluzione delle loro tribolazioni non appare come il lieto fine scontato e atteso, bensì come una vittoria che lo spettatore condivide insieme ai protagonisti, bistrattati da tutti ma capaci di uscirne comunque a testa alta.