filmforum, Udine-Gorizia 20-29 marzo 2012
A camera with a view (on the world)
Così può essere definito il cinema di Clemens von Wedemeyer, videoartista tedesco tra i più interessanti sul panorama contemporaneo, autore di Found Footage, Against Death (parti del più ampio progetto The Fourth Wall, 2009) From the Opposite Side (2007) e Occupation (2002), tutti presentati al FilmForum 2012.
Camera sia come macchina da presa, strumento principale di analisi e riflessione sul rapporto tra reale e fittizio alla base della ricerca dell’autore sulla comunicazione mediatica e in particolare sul cinema, sia come stanza, o meglio sala, dove lo schermo/finestra sul mondo apre lo sguardo del pubblico a nuovi orizzonti e prospettive di percezione.
From the Opposite Side è esattamente questo. Girato e proiettato a Münster, il film si compone di lunghe soggettive di una giornata tipo alla stazione, giunte tra loro da semplici dissolvenze che si chiudono e aprono sullo stesso luogo, in un’operazione straniante che, attraverso la ripetitività della struttura interna alla varie sequenze, fa del fruitore il (s)oggetto centrale, spettatore-attore di ciò che vede sullo schermo attraverso il doppio sguardo suo e di un figurato “altro” fuori dalla sala.
Sempre sul duplice ruolo spettatoriale si basa anche Occupation, sorta di happening artistico in cui il pubblico è coinvolto come comparsa per un film. Mettendo in scena le varie fasi di una ripresa cinematografica, dopo una serie di assurde e immotivate indicazioni registiche, la massa si dissolve, svelando l’artificiosità del mezzo cinematografico.
The Fourth Wall è forse il lavoro più ambizioso dell’artista. Composto da altre due parti oltre a quelle proiettate al festival, l’opera riflette sulla teoria della quarta parete teatrale, soglia immagina-ria dietro la quale gli attori recitano la propria parte e allo stesso tempo permette al pubblico in sala di percepire la messa in scena come reale.
Von Wedemeyer trasferisce questo concetto in antropologia concependo la quarta parete come “soglia” culturale d’incontro tra due civiltà, il cui superamento può segnare un nuovo inizio per la comunità primitiva – in una sorta di proseguio della sospensione della credibilità durante l’atto recitativo – o la fine della stessa, come se quella parete venisse abbattuta.
Attraverso il reperimento e l’accostamento di materiale audiovisivo cinematografico e d’archivio inerente il tema dell’esplorazione alternato a parti girate per l’occasione, il film riflette sulla concezione antropologica della scoperta, che pone gli studiosi bramosi di costruire soggetti rispondenti ai propri modelli di studio in una condizione di superiorità rispetto alle popolazioni indigene, desiderose invece di rispondere alle aspettative di autenticità richieste loro.
Un’opera, quella di von Wedemeyer, che amplifica l’esperienza del visibile come pratica percettiva, offrendo nuovi sguardi sulla realtà contemporanea e in particolare sull’influenza che su di essa hanno i media e le loro forme linguistiche.