Cinema videoludico
Rivedere un film come eXistenZ in un periodo storico dalle forti interazioni tra cinema e videogioco non può che rivelare piccole grandi sorprese.
Uscito in tempi non sospetti, nel 1999, quando i primi esperimenti di traduzione del linguaggio videoludico in quello cinematografico non avevano portato agli obiettivi – economici e artistici – prefissati (pensiamo alla débâcle commerciale di Super Mario Bros., o a porcherie come Mortal Kombat e Street Fighter), Cronenberg già proponeva una sua personalissima visione di quello che sarebbe diventato uno dei territori d’analisi più interessante degli ultimi anni. In eXistenZ è descritto un mondo dove il videogioco è diventato un’arte totale: l’utente si connette fisicamente, tramite un cordone ombelicale inserito nel midollo spinale, a una console organica che visualizza il gioco direttamente nel sistema nervoso. Non ci sono controller, né schermi o occhiali speciali: tutto avviene nella mente del giocatore, per il quale esistono unicamente le sensazioni stimolate dal gioco, rendendo indistinguibili realtà e rappresentazione. Una rivoluzione di tale portata da scatenare una guerra tra realisti – che mirano alla distruzione dei giochi e dei loro creatori, rei di aver messo in discussione il comune concetto di “realtà” – e game designer e case di produzione che ne distribuiscono i lavori. La più celebre dei progettisti, Allegra Geller, sfugge a un attentato dei realisti durante la presentazione del suo ultimo gioco, “eXistenZ”, che però rimane danneggiato. Per salvare se stessa e il lavoro di una vita, Allegra si trova costretta a giocare alla sua creazione, dividendosi, e confondendosi, tra una “realtà” e l’altra. Ogni somiglianza con Videodrome non è casuale, tant’è che alla sua uscita eXistenZ è stato subito catalogato come un suo aggiornamento al nuovo millennio, e come aggiornamento, risulta certamente affascinante, ma di gran lunga meno potente del suo “predecessore”. La causa di questa debolezza è stata attribuita (anche) a un impianto narrativo spesso definito “superficialmente ludico”. Verissimo, ma bisogna anche ammettere che la scelta di un tale tipo di narrazione ha i suoi motivi. Cinema e videogioco hanno nature ben diverse: il primo è un medium narrativo, il secondo è interattivo, e come tale può tranquillamente fare a meno di trame e personaggi elaborati. Cronenberg scrive quindi una sceneggiatura (non lo faceva dai tempi, appunto, di Videodrome) volutamente semplice, che procede per colpi di scena spesso telefonati, e sviluppa personaggi interessanti ma ben poco approfonditi. Spezza l’azione con spiegazioni sul funzionamento del gioco, come fossero tanti piccoli tutorial, e grazie alla riflessione di fondo sul “reale” riesce a introdurre coerentemente nel media cinematografico certe caratteristiche dei videogiochi. Tutto risulta perfettamente amalgamato, e dopo una decennale abbuffata di un cinema videoludico che del videogioco prende unicamente l’aspetto spettacolare, procedendo per accumulo di situazioni fracassone (un esempio recente è Sucker Punch), o che si limita a sfruttare ciecamente e senza ritegno un qualche titolo di successo (praticamente tutta la produzione di Uwe Boll), eXistenZ ne esce ancor di più come una mosca bianca, un originalissimo precursore dei tempi, nonché la migliore delle ibridazioni tra i due media.
eXistenZ [Id., Canada/Gran Bretagna 1999] REGIA David Cronenberg.
CAST Jennifer Jason Leigh, Jude Law, Ian Holm, Willem Dafoe.
SCENEGGIATURA David Cronenberg. FOTOGRAFIA Peter Suschitzky. MUSICHE Howard Shore.
Fantascienza, durata 97 minuti.