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Robot giganti e massimi sistemi
Chiariamo subito una cosa: seguire le vicende dell’anime Neon Genesis Evangelion non è la cosa più semplice e immediata del mondo. Anzi. Districarsi tra l’intricata trama e l’abbondanza di personaggi che contraddistinguono l’opera del regista/sceneggiatore Hideaki Anno, richiede impegno e attenzione costante, e la presenza di innumerevoli riferimenti filosofici, scientifici, psicologici e religiosi certo non facilita le cose.
Con un po’ di presunzione, inutile negarlo, Neon Genesis Evangelion pretende, per la sua comprensione, una conoscenza estremamente approfondita della cultura biblica e cabalistica, e anche questa potrebbe non bastare, tant’è che ancora oggi, dopo diciassette anni dalla prima messa in onda (1995), gli appassionati discutono animatamente su possibili interpretazioni e significati nascosti all’interno della serie, senza arrivare a una conclusione netta. Eppure, la bellezza di Neon Genesis Evangelion trascende le possibili spiegazioni logiche: si potrà anche non capire che diavolo stia succedendo, cosa più che probabile, ma è quasi impossibile resistere al suo fascino e alla sua complessità.
In un futuro prossimo, la razza umana combatte per la propria sopravvivenza contro grottesche creature mostruose di provenienza ignota, dette “angeli”. Le sole armi in grado di fermarli sono le macchine multifunzione umanoidi Evangelion, detti EVA, giganteschi mecha dalla forma umana ma dall’aspetto demoniaco, legati da uno stretto rapporto psicofisico ai propri piloti, ragazzini quattordicenni nel pieno dello sviluppo adolescenziale, unici in grado di comandarli. A prima vista, Neon Genesis Evangelion può sembrare l’ennesima serie d’animazione giapponese con robottoni che si menano di brutto devastando città e paesaggi in un tripudio di esplosioni e “alabarde spaziali”. Niente di più lontano da ciò che la serie è in realtà. O meglio: combattimenti devastanti e robottoni minacciosi ci sono eccome, ma questa è solo la punta dell’iceberg. L’aspetto originale è dato dal focalizzarsi sulle psicologie dei personaggi, sul tentativo (riuscito) di proporre un’intrigante indagine sulla mente umana, prendendo come punto di partenza degli adolescenti e riflettendo sui problemi tipici di quell’età (ricerca della propria identità, cambiamenti nei rapporti con gli altri, lotta contro le proprie paure e le proprie angosce, scoperta della sessualità eccetera). Gli EVA stessi sono ben più che macchine da guerra e anch’essi rivelano personalità e psicologie diverse, così come gli angeli, temibili non soltanto per le loro strategie di battaglia, ma soprattutto per i problemi di natura psichica e filosofica che pongono. La trama, di conseguenza, non si sviluppa tanto per cause ed effetti, quanto per il superamento di determinati problemi esistenziali che portano all’evoluzione e alla crescita spirituale dei giovani protagonisti, fino a una presa di coscienza finale che riguarda l’intera razza umana, la sua nascita, il suo sviluppo e la sua evoluzione.
Già, il finale… è qui che si concentra il grosso del dibattito tra gli appassionati. Durante la messa in onda di Neon Genesis Evangelion, l’attenzione del pubblico giapponese scemò pian piano, costringendo lo Studio Gainax, produttore della serie, a tagliare i fondi: la cosa è ben visibile nelle animazioni, la cui qualità cala man mano che ci si avvicina alla fine, e il finale stesso è stato riscritto per adeguarsi al budget. Gli ultimi due episodi, infatti, sono praticamente un montaggio di scene precedenti, totalmente incentrati sulle introspezioni mentali del giovane protagonista e sulle sue riflessioni filosofiche, in un flusso di coscienza che si distacca completamente dallo stile narrativo degli episodi precedenti, e dove i canonici concetti di spazio e tempo svaniscono in un marasma poco comprensibile di suoni e immagini. Da un lato, questa trovata è coerente con l’indagine della mente umana sviluppata nelle puntate precedenti; dall’altro, non dà alcuna risposta alle domande sorte durante la serie: qual è il destino dell’umanità? Come finisce lo scontro tra uomini e angeli? Che ne è del mondo? Risposta: boh. Fortunatamente, l’esportazione della serie si rivela un grandissimo successo di pubblico e critica, convincendo la Gainax a produrre, nel 1997 ed entrambi con la regia di Anno, due film complementari, Neon Genesis Evangelion: Death & Rebirth e The End of Evangelion, che svelassero il finale originalmente concepito prima dei tagli del budget.
I due film, visibili in streaming sulla piattaforma Indieframe, sono però rivolti principalmente ai conoscitori della serie. Death & Rebirth, infatti, è un super riassunto della serie dall’episodio 1 al 24, condensato in 73 minuti: troppo pochi. Il risultato è di un ermetismo estremo, dove i conoscitori non troveranno alcuna novità, e i neofiti non ci capiranno nulla (nel migliore dei casi). Altro discorso per The End of Evangelion, che diviso in due parti (gli episodi 25 e 26) si propone esplicitamente come alternativa delle puntate conclusive della serie, e comincia dove termina Dead & Rebirth. Con un budged adeguato e un minutaggio raddoppiato, Anno è in grado di dare risposte alle domande che il finale precedente non forniva (non a tutte, in realtà), senza tralasciare l’aspetto psicologico-esistenziale-mistico punto fermo della serie, anzi rendendolo (in parte) più comprensibile, sicuramente più spettacolare e intrigante.
Neon Genesis Evangelion non è una serie per tutti, e questi due film non fanno che aumentarne la complessità, ma sono rari i casi in cui gli sforzi degli spettatori sono così ben ripagati. L’opera di Anno è un piccolo grande capolavoro, una pietra miliare dell’animazione giapponese, e come tale merita l’attenzione di ogni appassionato: certo, Death & Rebirth e The End of Evangelion non sono i migliori punti di partenza per entrare nel mondo degli EVA, ma sicuramente un minimo di curiosità la instillano, eccome!