Uno, nessuno e centomila
Occhi truccati, colletti di pellicce e vecchie signore imbellettate: così si apre l’ultimo lavoro di Ferzan Ozpetek, che esplora il rapporto tra attore e personaggio e, più in profondità, quello tra le persone e le maschere che ogni giorno decidono di indossare.
L’argomento pirandelliano per eccellenza viene in questo film sviluppato nelle sue numerose varianti, simbolicamente inserite nelle sfaccettature del cristallo che il protagonista pulisce continuamente, o in modo ancora più emblematico in quelle dello specchio davanti a cui Pietro (si) riflette; la stessa superficie, cioè, su cui compaiono per la prima volta gli attori/personaggi con cui il protagonista si trova a dover dividere l’appartamento. La stessa superficie, inoltre, dove Pietro, truccato e preparato per un provino, non arriva più a riconoscersi, ormai diventato anch’egli mera presenza, come definito dagli stessi fantasmi.
Aspirante attore egli stesso, Pietro viene iniziato alla pratica della finzione, guidato da una compagnia teatrale onirica, ma quanto mai reale, scossa da profondi traumi e drammi umani. Le presenze invece corporee e reali che gravitano intorno a lui sono personalità tra loro somiglianti e ancorate alla propria apparenza, sempre attente a rispondere alle domande più bassamente materiali che vengono loro rivolte. Queste presenze, non magnifiche ma ricorrenti, sono la cugina Maria, la proprietaria della casa “infestata” e una delle bariste; il variopinto gruppo di trans, che sembrano letteralmente fabbricare le proprie identità; oppure ancora i colleghi fornai, extracomunitari perennemente ammutoliti. La solitudine del protagonista, maniaco dell’ordine e patologicamente possessivo nei rapporti umani, può trovare quindi conforto solo nella compagnia di personaggi d’altri tempi, con cui ha la possibilità di reinventare la storia e il mondo che lo circonda.
Realtà e finzione si mescolano, si confondono e sfumano i loro contorni; ognuno diventa contemporaneamente interprete e spettatore di se stesso, in un groviglio dalle dimensioni universali ed esistenziali che nessuno sembra essere in grado di districare. Nella quotidiana messa in scena della nostra vita, dove finisce la menzogna e quando torneremo di nuovo a riconoscerci, togliendoci una volta per tutte le centomila maschere che ogni giorno portiamo?