Sala Doc, Bologna, 23 febbraio-22 marzo
Dalla Macedonia con determinazione
Si sta svolgendo settimanalmente a Bologna l’iniziativa Sala Doc, rassegna di documentari “invisibili” realizzati da autori e/o produttori provenienti dall’Emilia Romagna.
Tra questi, A Great Macedonian, di Renato Giugliano, documentario a protagonista unico che segue un “altro grande macedone”, Dejan Zafirov, nel suo viaggio da solo in bicicletta da Skopje alla Francia, a dispetto della protesi che sostituisce la sua gamba sinistra, persa a causa di un incidente con una macchina agricola.
E’ l’estate del 2009, Dejan passa da Bologna e dintorni e Giugliano lo segue, lo riprende per qualche giorno nella quotidianità e nelle difficoltà di questo viaggio, e soprattutto lo lascia parlare, spiegare il perché, il cosa, il come delle sue scelte e del suo approccio alla vita, che non si limita certo a quella dopo l’incidente.
Per comprendere a pieno il progetto, aiuta sapere che regista e protagonista si sono incontrati per caso, mesi prima, in Macedonia, complice il coachsurfing: al rispettoso stupore di Giugliano nell’accorgersi solo dopo alcuni giorni dell’handicap di Dejan, ha fatto seguito, mesi dopo, la sorpresa ancora maggiore nell’apprendere da Dejan stesso l’idea della sua impresa: la bici, una mappa, un sacco a pelo, la solitudine, la strada.
La scelta è lasciare completamente la parola a Dejan, che parla con la voce e col corpo, e con entrambi comunica le sue convinzioni: che il limite è lì per essere superato, che ogni privazione può trasformarsi in stimolo, che la vita non è altro che il continuo trasformare in opportunità gli incidenti di percorso, di qualsiasi entità essi siano.
Giugliano evita facilmente ogni espediente ricattatorio: vicinissimo al corpo di Dejan, alla sua faccia solare e affabile, lascia che le immagini corredino le parole, soffermandosi sui gesti quotidiani, compiuti in maniera diversa, più che in modo difficoltoso.
Ogni gesto ribadisce l’importanza di ricostruire da zero una normalità, per poi poterla infrangere; narrando il suo percorso di paure da superare, di azioni da re-imparare, Dejan parla anche dello stupore nell’accorgersi delle risorse del proprio corpo e della propria mente, e della conseguente, vitalissima sfida continua alle proprie possibilità.
In una Bologna da cui la camera di Giugliano non si fa distrarre, e sulle strade nemmeno troppo suggestive della Valle del Ceno, Dejan riprende il controllo della propria esistenza e ribadisce e diffonde il desiderio di giocarci “seriamente”, con una bici raccolta chissà dove che sta per qualsiasi altro mezzo di confronto col mondo.