Quando cresciamo
Jason Reitman e Diablo Cody, rispettivamente regista e sceneggiatrice del film Young Adult, tornano insieme dopo Juno, vera rivelazione del 2007, e dopo alcuni progetti intermedi che hanno portato il primo a sfiorare l’Oscar con Tra le nuvole, e la seconda a dividersi fra la serie televisiva United States of Tara e il lungometraggio Jennyfer’s body.
Due percorsi cresciuti in parallelo che si ritrovano dentro una medesima domanda: cosa significa diventare adulti al giorno d’oggi?
L’enigma di Diablo-Reitman, al pari di quello posto dalla Sfinge all’ingresso di Tebe, potrebbe essere: qual è quell’animale che al mattino ha la pancia piena, a mezzogiorno ha sempre fame e alla sera beve fino a stordirsi? La risposta è: la ragazza degli anni duemila. Dopo aver indagato le conseguenze di essere una ragazza madre e dopo aver trasformato la studentessa Jennyfer in un mostro demoniaco, la coppia affronta l’età adulta attraverso gli occhi della ghost writer Mavis Gray, interpretata da Charlize Theron, una out-sider che vive ai margini del mondo perché priva di un vero rapporto affettivo. Gli indizi sono chiari fin dalle prime sequenze: nella stanza disordinata e sporca dove Mavis si risveglia dopo la sbronza, l’unico essere vivente è un volpino bianco iperattivo. Intorno a lui va in scena il peggior spot pubblicitario mai girato: un palmare sporchissimo, una Wii Fit Plus ridicola, una maglietta di Hello Kitty e un armadio di vestiti sdruciti, appesi su grucce tutte diverse fra loro. Tutto è anacronistico nella vita di Mavis, a partire dalla sua missione: tornare nella sua città natale, Mercury, per riconquistare l’ex marito Buddy che, nel frattempo, si è risposato ed è diventato padre. Mavis si aggira come una mantide religiosa fra le pieghe mediocri della provincia americana, ingenuamente consapevole del potere della sua bellezza. Ma la sua forza diventa la sua croce nel momento in cui quella perfezione estetica, da tutti gli altri riconosciuta, non è in grado di scalfire Buddy e la scorza matura di una vita che guarda al futuro e che non può più perdersi nel vizio dissennato. Finché Mavis si mostra come metafora dell’adolescenza mai finita, il film viaggia spedito e non pochi sono i momenti densi di significato (uno su tutti, la musicassetta mandata in loop). Nel secondo tempo tutto scivola in modo prevedibile verso un finale aperto che lascia soddisfatti a metà.