Clima mite e grigio
Mète (Andrea Bosca), giovane grafologo rimasto orfano di madre da pochi mesi, vive in un appartamento di proprietà della nuova moglie del padre ed è ossessionato dalla misteriosa Belinda (Miriam Giovanelli) figlia dei due.
Mète conduce una vita piatta che si svolge tra la casa e l’ufficio, fino a quando Belinda non si trasferisce nel suo appartamento. Da quel momento Mète fa di tutto per rimanere fuori casa, sta al bar fino all’alba, va in discoteca con gli amici Damiano (Michele Riondino) festaiolo e sempre a caccia di donne e Bruno (Claudio Santamaria) pacato e depresso padre separato. Ma prima o poi Mète è costretto a rincasare e ad affrontare la sorellastra che non esce mai e passa il suo tempo seduta sul divano in maglietta e mutande, mettendo a dura prova l’autocontrollo del protagonista.
Matteo Rovere adatta il romanzo omonimo di Sandro Veronesi portandolo dagli anni Ottanta ai giorni nostri.
Questo è un film che potremmo davvero definire “sfiorato”, come i suoi personaggi. Ma purtroppo “gli sfiorati” non sono solamente Belinda e Mète, ma lo sono tutti i componenti della storia.
Sappiamo poco o niente di tutti, le informazioni che ci vengono date sono vaghe come i “sì, ma forse no…un po’ sì, ma forse più no” di Belinda. Purtroppo questa indefinitezza generale confonde i caratteri dei due personaggi principali, in una sorta di nebbia uniforme.
L’unico personaggio che sembra davvero reale, completo e credibile è quello interpretato da Asia Argento.
Come dice Bruno “quello degli sfiorati è un altro mondo”, ma la pellicola stessa non tiene fede a quest’affermazione. Qui, infatti, sembra che il mondo intero lo sia.
Un film troppo mite e uniforme. Un mondo piatto, dove invece sarebbero state necessarie delle cesure nette che lasciassero Belinda e Mète soli di fronte ai loro “si, ma forse no”.