Come rovinare un’ottima idea
Non è che sia proprio un gran film, questo Occhi di Laura Mars. Un thriller paranormale che si basa su un’unica, grande idea, sviluppandola nella maniera più banale possibile. Perché ne parliamo allora? Fondamentalmente, perché il film doveva girarlo John Carpenter, e perché quell’unica, grande idea è frutto della sua fantasia.
1974. Dopo il fiasco commerciale di Dark Star, Carpenter tenta la carriera di sceneggiatore, riuscendo a vendere alle case di produzione hollywoodiane tre suoi script: solo uno, Eyes, diventerà film, appunto Occhi di Laura Mars. Una fotografa comincia ad avere incubi nei quali assiste a efferati omicidi, osservandoli in soggettiva con gli occhi dell’assassino: dapprima li ignora, poi scopre che sono accaduti realmente, e che le vittime sono suoi amici e colleghi di lavoro. Ma i veri problemi sorgono quando, nell’ennesima visione, la fotografa si vede attraverso i propri occhi, inquadrata dalla soggettiva dell’assassino che ora la vuole uccidere. Un soggetto, questo, dalle grandi potenzialità, in grado di offrire spunti per interessanti discorsi sui rapporti tra arti visive e la visione stessa, immersi in una trama originale e intrigante.
Lo script fu acquistato dalla Columbia, e a dirigerlo doveva essere lo stesso Carpenter, ma il produttore Jon Peters non era soddisfatto: voleva drastici cambiamenti nella trama e un sostanzioso aumento di violenza esplicita. Lo script si tramutò quindi in un banale thriller ambientato nel mondo dell’alta moda (così da giustificare qualche seno nudo), perdendo tutto il suo mordente e la sua originalità, a tal punto che Carpenter abbandonò il progetto: il suo nome compare ugualmente nei titoli di testa, ma a terminare la sceneggiatura è stato David Zelag Goodman, mentre la regia fu affidata a Irvin Kershner, ex fotografo di moda che si farà un nome dirigendo in seguito L’impero colpisce ancora (1980) e Robocop 2 (1990).
Il definitivo, e ormai ben poco carpenteriano, Occhi di Laura Mars esce nelle sale americane nell’agosto del 1978, protagonisti Faye Dunaway e Tommy Lee Jones, e il risultato è un thriller poco appassionante, dalla trama volutamente, malamente e inutilmente contorta, con un finale forzatissimo e per nulla soddisfacente. Non aiutano certe scelte di regia, come l’interrompere, alle volte, le soggettive degli omicidi con inquadrature non in soggettiva, che ottengono solo il risultato di spezzare l’effetto di immedesimazione provocato nello spettatore, e anche gli amanti del gore posso tranquillamente virare verso altri lidi, dato che di violenza esplicita, alla fin fine, ce n’è ben poca. Questa è praticamente concentrata nelle foto di Laura Mars (opera in realtà di Helmut Newton e Rebecca Blake), specializzata nel ritrarre modelle nude morte o seviziate, cosa che permette di perdere tempo con dialoghi da tromboni sulla violenza nell’arte (“è una cosa da pervertiti!”, “no è una cosa catartica!” eccetera eccetera). Se poi pensiamo alla splendida soggettiva/piano sequenza che apre Halloween, non possiamo che immaginare cosa si sarebbe inventato Carpenter in un film pieno di soggettive come questo Occhi di Laura Mars, e ciò non fa che aumentare la delusione per un’occasione mancata: Occhi di Laura Mars poteva essere un grande film, invece è solo l’ennesimo esempio di come rovinare un’ottima idea.