La Commedia del vibratore
Pare che all’origine della psicoanalisi ci sia stato l’incontro di Freud con un soggetto isterico. Mentre all’origine del vibratore elettrico?
Il paragone non sarà dei più pertinenti ma una plausibile risposta potrebbe essere una delle domande care a Sigmund: “cosa vogliono le donne?” A dire il vero, l’idea del gadget erotico più venduto al mondo, nasce nel 1880, dal medico inglese Mortimer Granville, che nel tentativo di trovare un’alternativa alla cura dell’isteria femminile, incappò in un’intuizione brillante e rivoluzionaria per la vita amorosa del gentil sesso. Il rimedio fino ad allora praticato dai medici dell’epoca, consisteva nell’“indurre il parossismo isterico” (oggi si direbbe orgasmo) con dei massaggi “manuali”, lenti e circolari.
Di questo narra Hysteria, passato a ottobre al Festival di Roma, un film in costume sull’invenzione del vibratore ma anche sul desiderio femminile in epoca vittoriana. La pellicola firmata Tanya Wexler, insiste sull’idea di fondo che sia in atto una straordinaria rivoluzione, non solo scientifica ma anche sociale, in un periodo storico ricco di contraddizioni dove si confrontano la necessità di aprirsi al nuovo e il rigore conservatore. Fioriscono invenzioni, congegni elettrici, il primo telefono e i primi tentativi di emancipazione femminile, rappresentati dal personaggio della volitiva Charlotte (Maggie Gyllenhaal). A Londra il bel medico Mortimer Granville (Hugh Dancy), vorrebbe aiutare i malati ma dovrà fare i conti con le sue idee riformiste. Da assistente del dottor Dalrymple, il maggior specialista in medicina femminile, scoprirà il suo talento nel “soddisfare” le pazienti.
Se il film vuole essere anche una riflessione sulle grandi tematiche che si svilupperanno da lì a poco come il progresso, il ruolo delle donne, le pari opportunità, l’emancipazione delle classi povere, il riconoscimento dei propri desideri, in realtà tutto questo pastiche sembra perdersi in una narrazione che oscilla tra situazioni prevedibili, convenzione psicologica (alias Emily) e mancanza di tensione. L’unico sguardo un po’ graffiante è dato dalla passionale Charlotte. Così se il soggetto è interessante e curioso, la storia non esce dal rassicurante canone della commedia, trattenuta com’è in gag divertenti affidate per lo più al personaggio di Edmund e alle bisognose pazienti. Anche il vibratore, surrogato della libertà femminile, viene utilizzato come banale pretesto e così svuotato di tutto il suo potere dissacrante e simbolico. Del resto il tono del film è scanzonato ma garbato, mai volgare o morboso. “Le ragazze devono smettere di vergognarsi dei loro bisogni sessuali” dice Charlotte. Questa sì che è la vera rivoluzione.