Iris, martedì 21 febbraio, ore 21.05
A new star is born
22 agosto 1972. In questo torrido pomeriggio newyorkese, Sonny (Al Pacino) e Sal (John Cazale) entrano nella banca che hanno deciso di rapinare. Complice un’organizzazione ingenua e quasi inesistente, a tratti grottesca, la rapina degenera e si trasforma in un caso mediatico, seguito dalle telecamere di tutto il paese, fino alla sua tragica conclusione.
Già dalla prima sequenza, la città è presentata attraverso le sue spaccature, tra ragazzi in piscina e cani che si aggirano tra la spazzatura; poi un’inquadratura dell’insegna di un teatro annuncia che “A new star is born”, proprio accanto al segnale stradale “One way”: così il film si indirizza verso l’esplorazione della nascita della celebrità.
In una realtà dilaniata dalla guerra in Vietnam (richiamata dagli elicotteri in volo) e dai traumi civili e sociali dell’epoca (primo fra tutti proprio la rivolta nella prigione di Attica), Sonny diventa involontariamente portavoce di domande e richieste dell’intera popolazione. Non riesce a sfuggire alle telecamere: copre con difficoltà quelle interne alla banca, chiede ai giornalisti di abbassare le armi, cioè le loro macchine fotografiche, si mostra contrariato dal fatto di scoprirsi in diretta Tv. Come un bravo showman, però, trova uno slogan da “abbaiare”: così all’urlo di “Attica! Attica!” Sonny conquista il pubblico. Il personaggio mediatico è creato e alla polizia non resta che proteggerlo, cancellando dalla scena solo Sal, il complice invisibile. Chiunque si avvicini a Sonny viene consacrato anch’egli al successo, come accade per la commessa della banca e la sorella di Sonny, ma soprattutto per il ragazzo che gli consegna le pizze, il quale esprime tutta la sua gioia in un emblematico “I’m a fucking star!”. A tratti Sonny, ormai adorato dagli spettatori, diventa addirittura scomodo per le sue domande; con la comparsa di Leon sulla scena, assurge anche a icona dei diritti gay.
Negli anni della prima guerra in diretta Tv, niente sfugge alla macchina da presa e diventare una star è tanto facile quanto è difficile imporsi sulla scena con la propria personalità, costantemente modellata dalle esigenze dello spettacolo. Nonostante Sonny si prodighi in gag e giochi con la folla e la polizia, si trova comunque costretto a constatare che in fondo “It’s just a show, whatever they say […] they don’t need me”: quando la macchina mediatica si accende, investe e cancella la realtà personale dei protagonisti.