Di uomini e di isole
“Pensano che siamo immuni alla vita?” sbotta indignato Matt King. A pensarlo sono gli altri, cioè noi, cioè “gli amici della terraferma”. Matt invece abita alle Hawaii, il paradiso per antonomasia e – moglie in coma, con due figlie a carico – rivendica il diritto di essere infelice.
Il dramma di Paradiso amaro poteva essere tutto qui, nell’ossimoro espresso dal titolo italiano. L’antitesi tra il fascino spudorato di uno sfondo incantevole e il disastro inappellabile di un’esistenza in crisi. Ma di rado la vita è così lineare e per Matt l’accettazione di un’ormai prossima vedovanza va di pari passo con la vendita di una terra ereditata e la (ri)scoperta delle difficoltà legate all’essere un genitore non soltanto “di riserva”. Alexander Payne, del quale iniziavamo a sentire la mancanza, torna alla regia con un film premiato da due Golden Globe, più dolente di A proposito di Schmidt (2002) e meno caustico di Sideways (2004), ma pensato e calibrato con la stessa intelligenza delle vicende umane, l’attenzione analitica per le sfumature e la capacità di trattare il tragico senza per questo sfiorare il patetico. Non era facile con Eredi di un mondo sbagliato: il romanzo di Kaui Hart Hemmings, da cui è tratto il soggetto, vanta un altissimo potenziale straziante. Payne c’è riuscito smorzando i toni, escogitando espedienti per silenziare il dolore – magari annegandolo in una piscina – e instillando col contagocce calcolate dosi di cauto umorismo. Alla verticalità di antenati e prole, accolta dal campionario dei ritratti di famiglia, oppone la deriva di fughe laterali, spazi estesi e orizzonti dilatati in campi lunghissimi e densi di dettagli. La complessità ricercata degli ambienti, traboccanti oggetti e personalità, è traccia visibile delle variabili che affollano e complicano l’esistenza e che Payne orchestra con efficace realismo. Non c’è spazio soltanto per il lutto, né alcun modo per preservarlo tributandogli un’oasi di dovuto rispetto. La vita fluisce e penetra di fianco, con i suoi aspetti ordinari e meschini, inghiottendo i personaggi e costringendoli a proseguire. È uno scorrere rarefatto, scandito da accenni di musica hawaiana e attutito dallo sguardo su una natura immobile, la terra trasmessa da generazioni che diventa il simbolo di ciò che resta, oltre la transitorietà dell’uomo. La ricchezza di inquadrature composite e aperte in profondità restituisce il senso di una realtà che deborda fino a trascendere il controllo del singolo. Forse il solo modo per sopravvivere alla vita – e perché no? anche alla famiglia – è accettare nell’intimo di diventarne parte. Banale? Tutto l’opposto.
Paradiso amaro [The Descendants, USA 2011] REGIA Alexander Payne.
CAST George Clooney, Shailene Woodley, Robert Forster, Judy Greer, Nick Krause.
SCENEGGIATURA Alexander Payne, Nat Faxon, Jim Rash (tratta dal romanzo Eredi di un mondo sbagliato di Kaui Hart Hemmings). FOTOGRAFIA Phedon Papamichael. MONTAGGIO Kevin Tent.
Commedia/Drammatico, durata 115 minuti.