Studio Universal,Lunedì 13 febbraio, ore 21.15
Dalle stelle alle stalle
In un miracoloso equilibrio tra commedia e dramma sociale, Sullivan’s Travels merita senza dubbio alcuno di essere il film più celebrato di Preston Sturges, regista e sceneggiatore di grandi qualità, qui assistito alla fotografia dall’esperto John F. Seitz, attivo a Hollywood già ai tempi del muto, che lavorerà anche a un altro grande film sul mondo del cinema, l’insuperato Viale del tramonto.
È davvero ammirevole come, ne I dimenticati, si alternino, in modo scorrevole, agli scambi di battute vivaci, brillanti e sarcastici, tipici di Sturges, sequenze senza dialoghi, ricche d’azione, come l’inseguimento automobilistico iniziale e l’aggressione del barbone a Sullivan, oppure efficacemente riassuntive e di tono patetico, come invece la narrazione per sole immagini della convivenza di John e della ragazza senza nome con gli homeless.
I dimenticati, dunque, non fa mancare niente al suo pubblico e mantiene intatta ancora oggi l’armonia tra una sceneggiatura ricca di spunti anche metacinematografici, gli ottimi interpreti nei ruoli principali e secondari e una regia perfetta.
Non imbranato quanto il protagonista di Lady Eva, ma un po’ ingenuo come Gulliver, i cui viaggi, peraltro, vengono richiamati dal titolo originale del film, John Lloyd Sullivan è davvero un personaggio memorabile. Il suo istruttivo percorso interiore di presa di coscienza e chiara comprensione della netta preferenza da parte del pubblico cinematografico, in tempi di guerra e povertà, per i film più divertenti e spensierati, come i cartoon di Walt Disney, è anche un viaggio, breve, ma intenso e necessario per la sua durezza, nell’America degli umili, dei senzatetto, dei dimenticati, appunto.
Queste due dimensioni, la scoperta dei veri gusti del pubblico in sala e il contatto diretto con i problemi delle fasce più misere della popolazione, rimangono parallele fino a quel grande momento rivelatorio che è la proiezione di un film di Topolino nella chiesa. L’esplosione contagiosa di risate, gioia, allegria è quello che ci vuole a Sullivan per capire che l’umorismo al cinema può risultare più gradito di mille pellicole impegnate.