Corri Albert!
Una regia trascurabile, un’estetica del racconto imprecisa e sterile che portano a sporcare, anche se è banale dirlo, la sorprendente performance di Glenn Close, anima ed essenza del film, queste sono le caratteristiche di Albert Nobbs pellicola di Rodrigo Garcia.
La candidatura ad ogni tipo di premio cinematografico per la Close è d’obbligo, ma è l’unico elemento che permette allo spettatore di terminare la visione di questo lavoro nato stanco e morto in sordina, che a partire da una riflessione interessante si trascina lentamente verso il dimenticatoio.
L’impossibilità di Albert, maggiordomo di un hotel lussuoso, di tornare, anche in modo privato, donna è la base fondamentale del film, che si perde nel non approfondire questa tematica. L’introspezione psicologica del personaggio espressa dalla Close con sottrazione e mimesi fisica toccante, è offuscata in generale da una ricostruzione storica un po’stereotipata e troppo sontuosa per una pellicola che dovrebbe avere nella caratterizzazione dei suoi personaggi la propria punta di diamante. E’ tutto confuso e poco “studiato”, non si capisce bene dove vuole andare a parare lo sguardo scarno e anonimo di Garcia; finché il racconto ci presenta la quotidianità di una donna costretta a vivere nei panni di un uomo le cose funzionano, quando ad un certo punto la sceneggiatura vira sui sogni di Albert di costruire un futuro più roseo la narrazione diventa vana e lagnosa. Mancano delle connessioni, quasi come se nella trasposizione su schermo del testo teatrale da cui è tratto il film, Garcia abbia abbandonato alcuni passaggi in favore di altri, la tenacia con cui Albert decide di sposare la giovane cameriera sembra non avere giustificazione logica e disorienta lo spettatore per il modo in cui ad un tratto si immette nel racconto. Fondamentalmente Albert Nobbs è un film incompiuto, imperfetto, sottotono e trattenuto come il suo personaggio principale. A parte il ritorno al cinema dopo anni di assenza della Close, il resto del cast è monocorde e non aiuta la definizione dei personaggi anzi in alcuni casi, per esempio il giovane disonesto di Aaron Johnson, convince ben poco. Solo una scena è d’impatto emotivo e si ricorda a fine visione: la corsa di Albert in abiti goffamente femminili sulla riva di un mare che rappresenta libertà e voglia di essere finalmente se stessi in un mondo che ferocemente si può anche dimenticare di te.