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Schiava d’amore (1975)

giovedì 9 Febbraio, 2012 | di Filippo Zoratti
Schiava d’amore (1975)
Film History
0
Voto autore:

Raimovie, sabato 11 febbraio 2012, ore 7.05

Isolarsi, alle soglie della Rivoluzione
Fuori, nel mondo reale, infuria la Rivoluzione: l’Armata Rossa ha conquistato Mosca. Nella Crimea del 1918 l’Armata Bianca cerca di mantenere il controllo del territorio, arrestando ogni tanto qualcuno. Al termine di una proiezione il capo del controspionaggio afferra un bolscevico clandestino, lo trascina all’esterno e lo carica su una macchina.

Tutto il paese è in subbuglio. Anzi, quasi tutto il paese, perché sul set del film muto strappalacrime Schiava d’amore ogni cosa procede in un clima di fiabesca armonia. Fra serre soleggiate e strade polverose, la troupe di cineasti sembra tormentata da un’unica questione: mediacritica_schiava_d'amore_290il reperimento della pellicola necessaria alla conclusione del lavoro. Nelle lunghe parentesi di inazione la noia regna sovrana e ognuno cerca a suo modo di riempire il tempo: il regista tenta qualche esercizio ginnico; lo sceneggiatore accartoccia compulsivamente fogli di carta; l’operatore Viktor avvicina e seduce la diva protagonista, Olga. È proprio su questi ultimi che la cinepresa di Nikita Michalkov si sofferma. Lui e lei come simboli di due modi opposti di vivere il momento storico. Mentre Viktor cerca di confidare a Olga la sua militanza e la sua fede rivoluzionaria, lei si innamora perdutamente, bramando una liaison tragica e avventurosa che assomigli alle passioni posticce che interpreta nei suoi film. Olga non capisce, o finge di non capire, per potersi proteggere: “ma non vi rendete conto che è tutto finto?” urla Viktor schiaffeggiato da un’improvvisa folata di vento; “ciò che conta è la bellezza” risponde lei, sorda a qualunque richiamo che non sia amoroso. Il secondo lungometraggio di Michalkov – che lo porterà al successo critico e alla fama internazionale ad appena 30 anni – è decisamente più feroce di quanto voglia apparire. Tra le pieghe della poesia, dell’ironia e della deformazione fantastica emerge la consapevolezza che Arte e Amore non possono elevarsi al di sopra delle umane sciagure, quando la realtà sovrasta il sogno. Il messaggio permane ancora oggi, nonostante a distanza di più di 30 anni un film come Schiava d’amore possa risultare innegabilmente manierato, troppo concentrato sulla psicologia di un unico personaggio a scapito degli eccessivamente anemici comprimari. Ma Michalkov fa pronunciare ai suoi attori battute che sibilano come frustate sulla coscienza di chi guarda. Quando dal set si sente pronunciare la frase “noi non ci siamo immischiati nella guerra, siamo vivi”, al regista non resta altro da domandarsi che “ma siamo vivi?”; perché senza etica civile – quella che infine troverà Olga – il concetto di libertà resta vuoto e inerme. E si tramuta in isolamento.

Schiava d’amore [Raba ljubvi, URSS 1975] REGIA Nikita Mikhalkov.
CAST Elena Solovej, Aleksandr Kalyagin, Rodion Nachapetov, Oleg Basilasvili.
SCENEGGIATURA Friedrich Gorenstein, Andrey Konchalovskiy. FOTOGRAFIA Pavel Lebeshev. MUSICHE Eduard Artemyev.
Drammatico, durata 94 minuti.

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