Il mondo attraverso un quadrante
Stupire, ecco il verbo più adatto per descrivere l’intento di Martin Scorsese nascosto in Hugo Cabret, personale omaggio alla settima arte travestito da racconto di formazione dickensiano, dove la tecnologia del 3D si fa raffinata e lo spettatore ne rimane ipnotizzato.
La brulicante stazione di Paris Montparnasse diventa l’ipotetico Paese di Oz, in cui Hugo è la piccola Dorothy e aiuta chiunque gli sta intorno, riparandolo come fa con le cose rotte: allo spaventapasseri (l’ispettore ferroviario) regala un cervello per farlo uscire dalla sua ristrettezza mentale; l’automa di latta chiede un cuore e riceve una vita propria; mentre al solitario leone (il burbero Méliès) regala il coraggio di aprirsi alla modernità e tornare a fare ciò che veramente lo rende felice. Il regista americano sembra non accontentarsi di un’unica storia da narrare, aggiungendo alla complessità scenica quella drammaturgica mescolando insieme due destini, quello di un bambino già grande e quello di un abile artista. Inevitabilmente le sorti di quest’ultimo vanno a monopolizzare l’attenzione dello spettatore, sia per la loro costruzione molto elaborata – preciso e dettagliato il flashback chiarificatore del passato del cineasta – sia per l’alone di mistero che si trascinano dietro, dando l’impressione di vedere un film diviso a metà, con un protagonista per ognuna delle due parti pronto a raccontarci la sua difficile realtà. Il surplus di narrazione urta contro le strette pareti del campo d’azione: se non si tratta della stazione con le sue mastodontiche locomotive e le onnipresenti nuvole di fumo, quasi fossimo all’interno di un dipinto di Monet (La Gare Saint-Lazare), è lo stretto appartamento nei quartieri alti di Parigi a racchiudere i personaggi, come il perimetro del quartiere dei Five Points in Gangs of New York, o quello figurato del mondo patinato e ossessivo di The Aviator. Ma i ragionamenti e le precisazioni non hanno modo di nascere durante lo svolgersi della proiezione e lo spettatore non ha altra possibilità se non restare incollato alla poltrona, appagato da un’immagine ricca, definita, a tratti vertiginosa che lo trascina in un vortice colorato che si avvita su se stesso, senza conoscere ostacoli nel suo moto continuo. Si ritorna dunque al punto di partenza, una citazione nella citazione: chi osserva è rapito dalle meraviglie del movimento, allo stesso modo di quei fortunati testimoni del primo cinema, realizzato tra effetti rudimentali e tanta fantasia da “illusionisti, belle sirene, viaggiatori, avventurieri e maghi”.
Hugo Cabret [Hugo, USA/Italia 2011] REGIA Martin Scorsese.
CAST Asa Butterfield, Chloë Grace Moretz, Ben Kingsley, Sacha Baron Cohen, Helen McCrory, Jude Law, Christopher Lee.
SCENEGGIATURA John Logan (dal romanzo La straordinaria invenzione di Hugo Cabret di Brian Selznick). FOTOGRAFIA Robert Richardson. MUSICHE Howard Shore.
Drammatico, durata 145 minuti.