Occasioni perdute
Nel documentario televisivo Miss Representation (in concorso al Sundance 2011 e mandato in onda l’anno scorso sul canale di Oprah Winfrey Own), una produttrice americana racconta di aver messo in piedi una task force per creare un network Tv fatto da donne, per le donne. Risposta dall’alto: “A cosa ci serve? Ne abbiamo già uno. Abbiamo Lifetime”.
Che, per chi non lo sapesse, è una rete statunitense che trasmette tv movie dolceamari su storie di donne coraggiose, dello stile che tanto piace ai palinsesti estivi pomeridiani di Canale 5. Sorvolando su quanto aggiunge la stessa produttrice intervistata – che Espn, rete sportiva maschile, ha 22 canali tematici, e nessuno pare trovarci nulla da ridire – The Help non sfigurerebbe nel cartellone di Lifetime, seppur con qualche freccia in più al suo arco. Frecce non da poco: il cast delle protagoniste è davvero splendido, e la prova straordinaria fornita da tutte le interpreti non è cosa su cui soprassedere. L’adorabile stella emergente Emma Stone è giustamente determinata a fare la giornalista, l’impeccabile Bryce Dallas Howard è fermamente decisa a farsi detestare, l’ineditamente svampita Jessica Chastain riesce ancora una volta a farsi amare, Viola Davis trattiene il dolore e la sofferenza di anni di sopraffazioni, Octavia Spencer li deflagra irresistibile in umorismo combattivo. Di contorno, le più mature Sissy Spacek e Allison Janney sono due madri opposte nel carattere ma tristemente simili nell’assenza di coraggio. I pregi di The Help si esauriscono qui, nell’impegno totale di un ensemble che ci crede tantissimo. Volendo, aggiungiamoci pure una ricostruzione di scene e costumi curatissima, anche se fin troppo virata su colori pastello. Lo leggete fra le righe, viene difficile essere cattivi con The Help, anche se i motivi per farlo ci sarebbero, eccome. Ci si fa intenerire dalla firma produttiva (è Disney, d’altronde, che altro vi aspettavate?) e dall’importanza dei temi (il razzismo e l’apartheid degli Usa anni 60, doppiamente stratificati da una condizione femminile già di per sé discriminata e discriminante) e, vien da dire, se tali argomenti tornano alla ribalta e si trasformano in successo (inter)nazionale, meglio che niente. Purtroppo The Help si perde il punto del discorso nelle sue insopportabili lungaggini di sceneggiatura, in una scrittura cucita sulle attrici in modo da concedere a ognuna il sacrosanto screentime che si merita, in un’assenza di ritmo che demolisce sottilmente il pathos, l’indignazione, l’impegno. E ci risiamo, ancora una volta: per una manifestazione di solidarietà femminile (quella che unisce le cameriere nere tra di loro, e poi alla combattiva giornalista Skeeter), ce ne sono molte altre di odio reciproco, invidia, litigiosità. Come se l’enormità della discriminazione razziale potesse ridursi a questioni di gelosie e frivolezze. Non è questo, sia ben chiaro, il messaggio del film, ma è quel che ne esce per via di una messa in scena che si dipinge leggiadra mentre pretende, contraddittoriamente, impegno profondo. E quindi, nonostante le buone intenzioni, The Help è un’occasione persa: perché i mezzi a disposizione avrebbero permesso ben altro, perché il soggetto di partenza avrebbe potuto tracciare un parallelismo potente tra due (o più) differenti tipi di schiavitù sociale. Sarà per la prossima volta, sperando che dall’alto nessuno dica: “A che ci serve? Abbiamo già The Help”.