Trieste Film Festival, 19-25 gennaio 2012
Alla ricerca del Sacro Graal del Beat
Il film-documentario di Luca Pastore Freakbeat, già in concorso al Torino Film Festival 2011, è stato presentato venerdì 20 al Trieste Film Festival 2012, nella sezione musicale Walls of Sound.
Roberto “Freak” Antoni, storico leader degli Skiantos, gruppo punk rock demenziale, è il protagonista di un road movie che indaga nel passato della cultura alternativa italiana di fine anni ’60. Alla ricerca del ‘Sacro Graal’ del Grande Beat: il nastro perduto di una mitica session fra l’Equipe84 e Jimi Hendrix. A seguirlo la figlia Margherita, vera destinataria (in quanto membro della nuova generazione) del racconto mitico della storia musicale italiana.
Pastore sceglie un taglio beat anche per il documentario, accostando le immagini girate da un operatore professionista a quelle incerte e distorte, che la figlia di Freak Antoni si diletta a registrare con la sua handy cam. Attraverso le campagne emiliane e i portici della città di Modena, mentre Roberto guida in sella ad un immancabile Westfalia arancione, si dilatano alcuni luoghi storici della generazione musicale beat italiana. I colori sono volutamente desaturati, ricolorati psichedelicamente in postproduzione. Il genere è quello della docufiction, piuttosto palese vista la recitazione stentata di alcuni dei protagonisti, raccontato con l’ausilio della voce narrante del leader degli Skiantos. Un film anomalo, questo è sicuro. “ Tour psichedelico e demenziale”, al quale si affiancano immagini d’archivio delle performance live dei musicisti, i veri protagonisti del beat, quei capelloni o “ pidocchioni” di cui ormai si è quasi persa ogni traccia. Come il mitico nastro di Hendrix fanno parte della leggenda. Impasto comico e surreale, dove incontriamo gli ex alternativi oggi, nelle loro ville ricche di cimeli musicali. Come Freak Antoni, musicista punk, ma che vede nel Beat la sua origine, queste leggende viventi, ormai padri di famiglia, vestono ancora in maniera bizzarra, e parlano senza pudore con un linguaggio irriverente. Essi stessi dimostrano però di essersi adeguati in parte a quella cultura che contrastavano, si sono abituati ormai a vivere in una società consumista. Freak Antoni ancora canta, si diverte a ripetere le parole di alcuni di quei testi simbolo, come quelle della Beat Generation: immancabile l’inizio del poema di Ginsberg Urlo. Sono le sole testimonianze rimaste, magari registrate su dei nastri obsoleti. Il beat musicale italiano iniziò nel ’66 (a Sanremo) e finì nel ’68. Eppure da qualche parte permane l’essenza del beat, una generazione di vagabondi capelloni, che cercavano soltanto un via alternativa alla felicità, la liberazione dal conformismo. Bambini mai cresciuti. Diceva Kerouac “ La Beat Generation è un gruppo di bambini all’angolo della strada che parlano della fine del mondo” . Il mondo reale poi non è finito, quello immaginato dai Beatnik sì, a meno che non vogliamo continuare a crederci.