Un’occasione sprecata
Due anni fa ci siamo lasciati così: 30 milioni d’incassi, un paesino reso meta di turisti (Castellabbate), una nuova coppia comica (Bisio/Siani) e tutto grazie – o a causa, dipende dai punti di vista – a Benvenuti al sud, mutuato dal Giù al nord francese di Danny Boon.
La promessa era torneremo e così è stato: Bisio/Siani sono di nuovo insieme, ma stavolta non al sud ma al nord, non c’è la “zizzona” ma il sushi, non le serate goderecce con gli amici ma gli happy hour, Benvenuti al nord, firmato Luca Miniero, è dunque un Benvenuti al sud al contrario. Stavolta è Mattia/Siani a prendere baracca e burattini e a trasferirsi a Milano, messo alle strette dalla bella moglie/Valentina Lodovini perché irresponsabile e immaturo (non riesce neppure a pronunciare la parola mutuo), stavolta ad accoglierlo è Alberto/Bisio – diventato, da zimbello delle poste italiane (fingendosi paraplegico nel precedente film), lavoratore dell’anno – nella sua casa milanese, divisa con la moglie Silvia/Angela Finocchiaro (che interpreta sia Silvia sia la suocera, molto simile alla zitella di Bar Sport) e figlio. Benvenuti al nord non dà molto di più del precedente, è una sorta di ricettacolo di tutti i luoghi comuni, di immagini stereotipate, scene già viste: nessuna novità nella rappresentazione del milanese tipo, sempre di fretta, snob, privo di sentimenti, come la città che l’accoglie, fredda, grigia, inospitale per il partenopeo. Se di sera, in una sorta di Libera uscita all’italiana, il “polentone” e il “terun” cercano un’avventura frequentando feste – uniti dallo stesso destino, lasciati dalle rispettive mogli -, in cui Bisio inscena balletti alla Zelig in abiti “da crisi di mezza età”, di giorno invece il tutto si svolge alle poste dove la new entry Paolo Rossi attinge alla realtà creando un Marchionne Brunettizzato che richiede a gran voce la diffusione dell’E.R.P.E.S (Energia, Rapidità, Puntualità, Efficienza, Sorriso). Pur avendo a disposizione l’istrionico Bisio e Siani, erede per molti di Troisi, il sagace Rossi e la brava Finocchiaro e una realtà che il più delle volte supera la fantasia, Miniero sembra non sfruttarli, ma punta ad una risata sguaiata – e purtroppo la sala a richiesta ha risposto – e al successo assicurato. In questo cinema italiano, piuttosto vuoto, privo dell’amore del racconto, lo scontro tra nord e sud si conclude lì dove è iniziato, nessuna novità, nessun volo pindarico, limitandosi alla “mercificazione” di stilemi triti e ritriti che hanno poco da dire e da insegnare; per far ridere bisogna conoscere, conoscersi e riflettere, sembra che la mancanza stia proprio lì, nella scarsa voglia di scavare e analizzare se stessi, forse non sappiamo più raccontare o forse siamo solo degli scarsi analisti.