Visto che siamo ancora a inizio anno, e che da fine 2011 stiamo facendo bilanci e previsioni, forse vale la pena allargare il discorso al problema della cultura cinematografica in Italia.
Spesso confusa con i festival (e riguardo al balletto di direttori per ora ci limitiamo a non commentare), o con le battaglie sindacali dei lavoratori dello spettacolo, la cultura cinematografica di una nazione ha a che fare con ben altro. Essa riguarda il patrimonio (protetto da enti di conservazione e cineteche), gli archivi (filmoteche, biblioteche, fototeche, discoteche), la programmazione (festival, certo, ma soprattutto sale d’essai, cineclub, sale di prossimità, rassegne e retrospettive), la divulgazione (la didattica extracurricolare, gli incontri, le presentazioni di libri e dvd, la possibilità di vedere o prendere a prestito gratuitamente film nelle cineteche e mediateche), e via via la legislazione a supporto del settore, il ruolo fondamentale della televisione pubblica (tacciamo per carità di patria), l’editoria specializzata e multimediale, le riviste di carta e online, la presenza del cinema nei contesti non specialistici, l’investimento e la condivisione di contenuti storici sul web.
Provassimo a ragionare punto per punto, scopriremmo che la gran parte delle aree nominate produce qualità solamente grazie alla passione e alla volontà di chi ci lavora, poiché altrimenti patrimonio, archivi, programmazione, divulgazione etc. sarebbero in rovina da tempo. La questione non riguarda ovviamente solo il cinema, anzi. Ma riguarda certamente il modo in cui si spendono soldi per il cinema: male e senza alcuna razionalizzazione. Il finanziamento ai festival maggiori e internazionali non può assolutamente schiacciare – come ha fatto in questi anni – i luoghi permanenti della cultura cinematografica.
Ancora più urgente, in verità, sarebbe trasmettere la cultura cinematografica alle nuove generazioni. L’insegnamento del cinema e della sua storia nelle scuole è misura indifferibile, che si deve affiancare all’espansione avuta negli ultimi 15 anni dai corsi universitari settoriali. Il cinema italiano è stato il più bello e importante del mondo in vari momenti della storia, e solo un Paese miope avrebbe potuto – come ha fatto – disperderne il potere culturale, pedagogico e artistico, vietandone l’ingresso nel mondo dell’educazione ufficiale. Per di più, sembra l’unica dimensione del “made in Italy” (cibo, moda, artigianato, etc.) che si è immotivatamente bloccata. Di studenti Erasmus che vengono in Italia conoscendo i nostri film assai meglio delle matricole Dams nazionali, ne abbiamo incontrati troppi. Non è mai troppo tardi, anche nel 2012.