La ricerca della coralità
Ci sarebbe ben poco da dire sulla valenza cinematografica pressoché nulla di un’opera come Capodanno a New York. Trattasi di film corale, sottogenere che getta in campo un numero considerevole di personaggi affidando ad ognuno uguale spazio ed uguale importanza.
Chissà perché poi, alla volontà di dar vita ad un racconto collettivo si associa sempre inevitabilmente quella della deriva amorosa, della polifonia permeata di speranze, perdono e seconde possibilità. Il regista Garry Marshall (ideatore del telefilm cult Happy Days e dietro la cinepresa per l’altrettanto – nel bene e nel male – memorabile Pretty Woman) ci aveva già provato nel 2010, con Appuntamento con l’amore. E in quel caso il pubblico abboccò all’amo, nonostante la pochezza di un film da supermarket dei sentimenti. Scottato da quel precedente, il potenziale spettatore però non c’è cascato una seconda volta. Nel suo primo week-end americano, questo leccato e posticcio Capodanno ha raccolto la miseria di 13 milioni di dollari, oltre ad una pletora di feroci ed esilaranti critiche, su cui troneggia il “come è stato possibile raccogliere due dozzine di stelle del cinema e non trovare qualcosa di interessante da fare per nessuna di esse?” scritto da Roger Ebert per il Chicago Sun-Times. Si potrebbe essere più indulgenti nei confronti di un lavoro in cui tutti sono dichiaratamente destinati a volersi bene e ad amarsi, intriso di frasi da bacio perugina in stile “l’amore in ogni sua forma ci dà speranza”. Ma il qualunquismo e il patetismo della messinscena puzzano troppo di presa in giro, e vedere New York così “addobbata” fa male al cuore. Quella che per Woody Allen è sempre stata una metropoli/bunker all’aria aperta in cui rifugiarsi e che per Spike Lee s’è trasformata (nell’abbacinante La 25a ora) in un animale ferito, simbolo di un’America inchiodata alle proprie colpe, per Garry Marshall diventa… una sgargiante cartolina. Bidimensionale e fasulla, così come risulta scadente ognuno dei pezzi del puzzle: da Jessica Biel che in ospedale vuole far nascere il primo bimbo newyorkese del 2012 a Hilary Swank manager dell’azienda che allo scoccare della mezzanotte si occupa di far cadere la sfera luminosa dal grattacielo di Times Square; da Ashton Kutcher che odia le festività e resta chiuso in ascensore con una nevrotica corista di Bon Jovi a Robert De Niro, vecchio decrepito (nella vita) che fa il vecchio decrepito morente in clinica. A chi possa mai piacere un prodotto così mediocre rimane davvero un mistero. Forse all’utente pomeridiano di Canale 5, come afferma Roy Menarini nell’ultimo editoriale scritto qua su Mediacritica. Eppure nutriamo il fortissimo sospetto che anche quel tipo di consumatore cambierebbe canale.
Capodanno a New York [New Year’s Eve, USA 2011] REGIA Garry Marshall.
CAST Halle Berry, Jessica Biel, Jon Bon Jovi, Abigail Breslin, Robert De Niro, Zac Efron, Ashton Kutcher, Sarah Jessica Parker, Michelle Pfeiffer, Hilary Swank, Sofia Vergara.
SCENEGGIATURA Katherine Fugate. FOTOGRAFIA Charles Minsky. MUSICHE John Debney.
Commedia/Sentimentale, durata 118 minuti.