Sky Classics, giovedì 22 dicembre, ore 22.55
Chi troppo vuole…
I primi momenti del film, una carrellata su una serie di animali imbalsamati fotografati che si conclude su un uomo a terra senza vita, fanno pensare, per la fotografia brillante e quasi fluosforescente, e per la musica, ad un film di Mario Bava, o di Dario Argento (che avrebbe esordito di lì a poco).
Venga a prendere il caffè da noi è invece una pungente commedia diretta da Alberto Lattuada, tratta dal romanzo La spartizione (1964) di Piero Chiara. Fedele al libro nella narrazione e soprattutto nello spirito, il film racconta di un borghese di provincia piccolo piccolo, Emerenziano Paronzini, funzionario statale, il quale trasferitosi a Luino (cittadina sulla riva lombarda del Lago Maggiore, a pochi chilometri dalla Svizzera, nonché paese Natale di Piero Chiara, dove ha ambientato buona parte delle sue opere) decide di sistemarsi, seguendo i dettami dell’antropologo di fine XIX secolo Paolo Mantegazza secondo i quali l’uomo ad una certa età deve trovare le tre “c”: caldo, carezze e comodità. Mette quindi gli occhi sulle tre ricche sorelle Tettamanzi, zitelle, bigotte e sessualmente represse signore di mezza età; sposata una, si trasferisce nella loro magione. Il Paronzini inizia presto ad accontentare anche i desideri nascosti delle due cognate, stabilendo una tabella di marcia con la quale assegnava ad ogni sera della settimana una delle tre donne. Questo menagè dura fino a quando una notte, dopo essersi rapportato con tutte tre le sorelle, ci prova pure con la cameriera, subendo per l’eccessivo affanno un colpo apoplettico. Costretto sulla sedia a rotelle, senza poter parlare, completamente accudito dalla moglie e dalle cognate, paradossalmente raggiunge così le “tre c” a cui puntava.
Piero Chiara, che ha faticato ad entrare come meritava nella storia della letteratura italiana perché in una bibliografia di qualità e di livello più che buono è mancato il “grande libro”, il capolavoro che lo consegnasse subito agli annali, è stato un lucido, ironico, e arguto cantore della vita di provincia, varesotta in particolare e italiana in generale; soprattutto della sua piccola borghesia conformista, annoiata, bigotta e puritana all’apparenza, ma in realtà spesso con il sesso come chiodo fisso, pronta a tradimenti e a rapporti randagi, a patto che le convenzioni sociali rimanessero stabili agli occhi degli altri. Toccando argomenti scabrosi con lievità e allo stesso tempo con efficace sagacia, lo scrittore ha raccolto sulle rive del lago Maggiore storie e personaggi che sono diventati simboli dei vizi e difetti (e anche, qua e là, di qualche pregio) della piccola provincia italiana. Tutto questo ritorna nella trasposizione di Alberto Lattuada: attraversato da un costante e all’apparenza lieve, ma in realtà molto pungente, sarcasmo, il film mette a nudo il puritanesimo di facciata e la conseguente repressione sessuale, che crollano senza difficoltà al primo assalto che solletica i sensi. Così sono le tre sorelle Tettamanzi: moraliste all’apparenza un po’ frigide, ma in realtà bombe pronte a scoppiare. Personaggio completamente negativo, laido, ipocrita, qualunquista e caratterizzato dal peggio dell’italiano medio, Emerenziano Paronzini, che alla fine subisce un’ironica pena del contrappasso, è interpretato perfettamente da Ugo Tognazzi.