The end?
L’immaginario collettivo sulla figura di Sherlock Holmes è stato nutrito nel corso del XX secolo dalle sue tante varianti cinematografiche o fumettistiche, che spesso ne hanno allontanato l’immagine dal suo originale, lo Sherlock di Sir Arthur Conan Doyle.
Lionel Wigram, produttore esecutivo degli ultimi quattro episodi di Harry Potter, è anche il creatore del fumetto che ha ispirato la versione di Sherlock Holmes diretta da Guy Ritchie e prodotta e scritta dallo stesso Wigram. Il primo episodio, uscito nel 2009 aveva lasciato basiti gli appassionati dell’investigatore, di certo ne aveva conquistato di nuovi. In realtà è lo stesso Conan Doyle a descrivere Holmes come un misantropo dalla mente acuta, dall’intuito geniale, dal comportamento bizzarro, ma soprattutto come un uomo d’azione: Sherlock Holmes 2 –Gioco di Ombre è un action movie, più action che mai.
Questa volta Holmes, interpretato sempre da Robert Downey jr.(perfetto alter ego), è alle prese con un intrigo di attentati politici in Europa durante la Belle Époque, alla vigilia di quello sgretolamento di relazioni diplomatiche che provocherà poi un conflitto mondiale. A finanziare il terrorismo anarchico è la sua nemesi: il professor Moriarty, uomo di potere connesso alle famiglie detentrici delle maggiori banche in Europa.
Ovviamente ad aiutarlo, volente o nolente, ci sarà l’amico fedelissimo (nonché suo biografo) dottor Watson, sotto le spoglie seducenti e carismatiche di Jude Law. Entrambi si ritrovano a dover combattere in condizioni estreme, e lo fanno imparando dalla stessa cinematografia moderna. La regia di Ritchie usa senza preoccupazione lo slow motion durante le sequenze di inseguimento e nelle sparatorie, riducendo il tempo al bullet-time (come Matrix insegna), mentre quando entriamo nella mente abduttiva di Holmes o nella sua visione-radarica, lo stesso tempo viene velocizzato, tanto rapida è la capacità di ragionamento logico quando indaga (come CSI insegna). Come un vero super-eroe “duro a morire” Sherlock non si preoccupa di distruggere tutto attorno a se pur di salvarsi la vita, ma allo stesso tempo riesce ad essere buffo travestendosi con abilità (quasi feticistica), mantenendo i suoi vizi intatti: una pipata anche nelle situazioni meno opportune, sfoggiando un sorriso beffardo alla Joker. Più che un investigatore, Holmes assomiglia ad un agente segreto, lanciato verso una missione impossibile contro il suo peggior nemico Moriarty, che è un matematico di fama mondiale con l’unico strano vizio di dare da mangiare ai piccioni (Beautiful mind?). Impossibile perché fermare una guerra su scala industriale non è compito di un investigatore; il desiderio di onnipotenza soccombe di fronte ad una realtà politica ed economica che segue inesorabilmente le proprie assurde regole.
Lo Sherlock che ci troviamo di fronte, è dunque un perfetto supereroe, anzi un post-eroe, martial-artist, che ci conquista sotto luci da comics, nelle sue vesti perfettamente belle-époque, nonostante il carattere misantropo da Dottor House ( che secondo Aldo Grasso è il suo adattamento più riuscito). Questo si che è intrattenimento.