Disumanesimo
Come si diventa uomini senza scrupoli: eludendo semplicistiche opposizioni duali grazie alla collocazione all’interno di una sola parte politica, Le idi di marzo è un racconto di formazione che illustra una scelta, non tra onestà e sotterfugio, tra ideali e interessi, ma tra diversi livelli di spregiudicatezza nella strategia politica.
Stephen Meyers è un giovane e già brillante addetto stampa, avvezzo ai meccanismi retrostanti la creazione di un caso vincente, quale appare quello del governatore della Pennsylvania Mike Morris, fotogenico e abbastanza schietto da poter infondere fiducia nei confronti dei propri elettori. Da un lato, dunque, la corsa senza esclusione di colpi alla candidatura presidenziale democratica; dall’altro, il faccia a faccia con l’imprevisto, con l’evento che brutalmente svela Morris per quello che è, un essere umano lusingato dal potere che meschinamente sbaglia.
Non si può non notare che con Le idi di marzo Clooney si volge a guardare con pessimismo lo stato della politica americana, come a dar voce all’indesiderabile, eppure evidente, dopo gli entusiasmi della prima ora, disillusione dell’era Obama. Questo pessimismo e questa disillusione non emergono solo nella descrizione dei meccanismi spietati della politica, ma nella raffigurazione della tipologia di essere umano che vi prende parte e ne tira i fili: in Stephen e in Morris, entrambi potenti ed entrambi egoisti, spicca la facilità con cui le giuste parole di riscatto e libertà, l’ideale di rettitudine politica e morale possano senza remore essere relegati in uno spazio parallelo rispetto alla condotta personale. In questo c’è tutta la sfiducia possibile non solo verso la classe politica, ma anche nei confronti della possibilità (volontà) di cambiamento da parte di esseri umani che intenzionalmente mandano avanti un sistema che abbraccia minacce e corruzione anche, e soprattutto, quando le premesse politiche vanno in tutt’altra direzione. Un sistema dove il potere, totalmente declinato al maschile, è completamente incapace e indifferente alla comprensione di ciò che non lo riguarda. Molly, Paul e Stephen cadono tutti nello stesso gioco in cui i superflui vanno abbattuti, ma l’umiliazione e il rancore -sentimenti troppo umani- portano Stephen a scavalcare il sottile limite tra la spregiudicatezza e la prevaricazione.
Clooney dà prova ancora una volta di conoscere bene la grammatica cinematografica, scegliendo un registro stilistico che si confà alla linearità inesorabile della storia. Niente di nuovo, forse, ma Le idi di marzo ha il merito di ribadirlo con forza e senza ambiguità. In un momento storico in cui ovunque la pazienza della società civile si sta esaurendo, il film di Clooney sottolinea la necessità del potere occidentale di guardarsi allo specchio, e inorridire.