RaiStoria, venerdì 9 dicembre 2011, ore 21.00
L’undici di picche
A Dino Risi, Roma piaceva d’estate. Quando le strade brillano di sole e il traffico non impedisce di percorrerle a piedi, svelarne la bellezza a poco a poco, nelle perle più nascoste, perché “tutta insieme, magari, è un po’ mostruosa”.
Come l’animo degli uomini, dei suoi eroi più complessi e riusciti: tracotanti, cialtroni, eppure capaci di malcelata grandezza. Per questo Il buio e il miele di Giovanni Arpino l’aveva da subito turbato. Quel cieco astioso, cinico, amaro, troppo lucido per credere nella vita e troppo acuto per non averla in odio. Quel cieco che, così com’era, impudente e magnifico, sembrava creato apposta per Gassman. Non a caso gli valse un premio a Cannes come Miglior Interprete Maschile, mentre il film, Profumo di donna, si aggiudicò due nomination agli Oscar del 1976. Il viaggio da Torino a Napoli di Fausto e Giovanni, capitano in pensione e soldatino in permesso premio, permise a Risi di riportare in auge un rapporto a lui caro: quello tra l’uomo navigato e gradasso e il giovane timido e remissivo, già protagonisti di Il sorpasso e Il giovedì, poi riproposti nel successivo Anima persa. La convivenza coatta con il capitano introduce Giovanni nei meandri della miseria umana, attraverso le tappe di una crescita inaspettata. Dalla decostruzione della consueta identità – Fausto gli impone abito e nome nuovi – e attraverso una familiarità progressiva, ora forzata, ora furtiva, Giovanni acquisisce una più profonda intelligenza delle cose. Fausto, paradossalmente, gli apre gli occhi. Lui che, cieco, vede più e meglio degli altri, e negli scorci da cartolina delle capitali non percepisce che un deserto di pietre. La cecità non è la causa ma il correlativo oggettivo di un’esistenza ai margini, della ferita insanabile di un’anima offesa. Fausto innalza muri di disprezzo e livore, ostentando volgarità, mostrandosi abietto, ma smaschera al contempo le altrui ipocrisie, rivelando indoli altrettanto meschine. Quello che Fausto non riesce più a sentire è l’amore incondizionato e scevro da pietà. Lui che indovina ogni donna dall’aleggiare del suo profumo stenta ogni volta a riconoscere Sara, che lo ama di un amore furioso e bambino, troppo sincero per assecondarne l’orgoglio. Il viaggio verso Napoli è dunque un percorso verso amore e morte, di un’anima innocente e un’anima cialtrona, attraverso sole e pioggia, buio e luce e due diversi universi sensoriali. Risi stempera i contrasti nella luce morbida della caligine estiva, nella Roma bianca e vasta o nella notte azzurra e struggente di Napoli, finis mundi e meta misteriosa. Il treno, i bar, le camere di albergo, si susseguono impassibili al passaggio di vite, dalla prostituta Mirka al barista Vittorio, fino al cugino Don Carlo che invidia i pazzi, i malati e i bimbi perché vedono e capiscono di più. Risi li immerge nella distanza incolmabile dei campi lunghi, lungo gli scorci angusti presaghi di morte o in fluidi carrelli avidi di vita. Fino all’ultima inquadratura, perfetto epilogo di amore e inquietudine, in cui Fausto, tra sterpi e rovine, abbatte la prigione del proprio isolamento. Nessun uomo è un’isola.
Profumo di donna [Italia 1974] REGIA Dino Risi.
CAST Vittorio Gassman, Alessandro Momo, Agostina Belli, Moira Orfei.
SCENEGGIATURA Ruggero Maccari, Dino Risi (tratta dal romanzo Il buio e il miele di Giovanni Arpino). FOTOGRAFIA Claudio Cirillo. MUSICHE Armando Trovajoli.
Drammatico, durata 102 minuti.