L’amore ai tempi della guerra fredda
Hitchcock è sempre Hitchcock. Ci sono quei film che nelle torride notti estive ti scuotono e sconvolgono. C’è l’occhio nello scarico della doccia nell’hotel Bates che torna alla mente negli incubi più terribili; ci sono le famose chiavi da rubare nella camera da spy-story, per mano della bella Alicia che grazie alla sua avvenenza si fa corteggiare e finge di ricambiare Alexander Sebastian (Notorious – L’amante perduta).
Poi ci sono altri film, considerati “minori”, che forse non appartengono all’albo d’oro dei capolavori hitchcockiani ma che, sicuramente, sono opere godibili e interessanti. Questo è il caso di Il sipario strappato. Michael Armstrong/Paul Newman è un fisico americano che vuole “giocare” a fare la spia nella Germania Est per rubare la formula di un missile; accanto all’uomo, nel lavoro e nella vita, c’è Sarah Sherman/Julie Andrews che l’accompagnerà in questo suo progetto. “Ho combinato la logica matematica con qualche romantica incoerenza”: queste parole, dette da Michael, possono ben riassumere e spiegare l’atmosfera di Il sipario strappato. Se, da una parte, il film è un’opera che attinge al genere spionaggio con tutto ciò che questo comporta, dall’altra racconta una storia d’amore incondizionato che non si ferma davanti a nulla e a nessuno. Michael è un personaggio d’azione, un vero eroe hitchcockiano, che riflette con intelligenza e freddezza per risolvere ogni tipo di problema e ostacolo e poi agisce, si muove. Anche Sarah è un personaggio archetipico di un certo cinema del regista, farebbe qualsiasi cosa per stare al fianco del suo compagno, per assecondarlo e aiutarlo, ma lo fa con la caparbietà e il coraggio che solo una donna con temperamento “maschile” può avere: prende un aereo senza sapere dove l’avrebbe portata o meglio a cosa, scopre che il suo Paul è un traditore della patria. Tre sono le sequenze meglio riuscite del film: quella in cui il personaggio di Newman per sfuggire e depistare il tirapiedi passeggia per un museo (che ci ricorda La donna che visse due volte), mentre lo spettatore si chiede cosa stia succedendo e se il personaggio sia in pericolo; quella dell’omicidio dello scagnozzo in una villa di campagna di un associato alla Pi Greco (associazione che vuole aiutare Michael e Sarah a fuggire dalla Germania dell’Est); quella in cui Sarah e Michael tentano con ogni mezzo di fuggire su un finto autobus, guidato da un finto autista. La suspense in queste tre sequenze è trattata al meglio dal regista e dimostra tutta la sua capacità di catalizzare l’attenzione di chi guarda su ciò che più è importante; a punteggiare tutto questo c’è la bravura di Newman, che riesce a conquistare, rapire e sedurre lo spettatore, portandolo con sé. E poi c’è una perfetta Julie Andrews, conosciuta per Tutti insieme appassionatamente e Mary Poppins, che dà la sensazione dello spaesamento, del turbamento, dell’amore risoluto che la conduce in questo “gioco” più grande di lei. Il sipario strappato è un film da vedere, da godersi in una serata invernale o estiva, quando l’unica cosa di cui si ha bisogno è una certezza, e, si sa, Certezza è di Hitchcock il secondo nome.
Il sipario strappato [Torn Curtain, USA 1966] REGIA Alfred Hitchcock.
CAST Paul Newman, Julie Andrews, Lila Kedrova, Wolfgang Kieling.
SCENEGGIATURA Brian Moore. FOTOGRAFIA John F. Warren. MUSICHE John Addison.
Spionaggio/Thriller, durata 128 minuti.