Torino Film Festival, 25 novembre-3 dicembre 2011
L’Islanda conquista Torino
Il 29° Torino Film Festival si è concluso con la vittoria di A annan veg/Either way dell’islandese Hafsteinn Gunnar Sigurdsson, che si è portato nella fredda isola il premio per il miglior film.
Il premio speciale della giuria è invece andato, ex-aequo, al francese 17 filles del duo di registe Delphine e Muriel Coulin, che racconta della decisione di un gruppo di adolescenti di Calais di ritrovarsi incinta tutte assieme, e al libanese Ok, enough, goodbye di Rania Attieh e Daniel Garcia, commedia su un “bambioccione” che di punto in bianco si ritrova abbandonato dalla madre.
La vittoria del film di Sigurdsson si può dire meritata; A annan veg/Either way è un piatto appetitoso, tra i più golosi della sezione principale, nonostante i pochi ingredienti usati: due protagonisti e un personaggio secondario, il paesaggio islandese, un umorismo straniante e qua e là surreale, macchina da presa poco mobile e qualche piano sequenza. In scena vediamo Finnbogi e Alfred durante un’estate di inizio anni ottanta, simboleggiati da una colonna sonora che riassume le tendenze musicali del periodo, trascorsa a lavorare nelle strade dell’entroterra islandese: tra paletti piantati, striscie dipinte e bottiglie di liquore “incendiastomaco” bevute vediamo l’evolversi del rapporto tra i due, molto diversi tra loro, a tratti parecchio travagliato, ma che sfocia nella nascita di un’amicizia e nella crescita di entrambi.
Sigurdsson riesce ad evitare il rischio di cadere nella prolissità, grazie soprattutto all’umorismo sottile, laconico e straniante, con momenti surreali, che attraversa tutta la narrazione, con il nume tutelare di Aki Kaurismaki che veglia in molti punti del film; lo vediamo per esempio nelle apparizioni dello stravagante camionista, in alcune delle scene più riuscite.
Il confronto e lo scontro tra i due protagonisti, i loro crucci e la loro evoluzione avvengono incorniciati nell’immensità del paesaggio islandese, di cui la fotografia evidenzia sia la grande bellezza che l’altrettanto vasta solitudine. Finnbogi e Alfred in molte inquadrature sembrano infatti, grazie a campi medi e lunghi e “panoramici” e alla loro disposizione nel piano, elementi di un quadro, o una piccola parte dell’ambiente; quest’ultimo in più di un’occasione assume anche un valore significante, sottolineando lo stato d’animo dei due o la situazione del loro rapporto (da questo punto di vista è significativo il campo lunghissimo sull’oceano nella scena finale).
L’esordiente Sigurdsson si dimostra già capace di maneggiare accuratamente una materia apparentemente semplice, ma che in realtà portava con sé il rischio di prolissità e banalità; per questo il verdetto della giuria, in un’edizione che ha fatto vedere molte delle cose migliori nelle sezioni collaterali, si può dire sostanzialmente condivisibile.
Il film ha vinto anche il Premio Scuola Holden, con cui gli studenti della scuola fondata da Baricco premiano la migliore sceneggiatura.