Oggi dovremmo piangere Vittorio De Seta e Ken Russell, in rigoroso ordine alfabetico, cui magari si aggiungerebbe Lucio Magri, la cui avventura intellettuale e le cui scelte di fine vita non possono che interrogare dal profondo chiunque lavori nel territorio dell’intelletto, critica cinematografica compresa.
Ma, invece che spiegare quanto De Seta e Russell fossero in fondo la riprova di come la storia del cinema contenga in sé idee artistiche meravigliosamente opposte, di come il simbolo del realismo e il simbolo della sulfurea visionarietà praticassero in fondo la medesima fede nel film e nella sua flagranza, di come ci sentiamo un po’ colpevoli per non averne parlato a sufficienza (oggi che su Youtube sono ospitati integralmente molti loro lavori), la simultanea scomparsa dei due autori ci suggerisce altro.
In fondo, ancora oggi, il cinema continua ad essere una macchina di fantasmi, un incessante prodigarsi della vita nei confronti della morte e delle sue tragedie e seduzioni. Ogni anno che passa, sempre più osserviamo sullo schermo persone defunte – e quanto presto è decaduto il sogno ridicolo di vedere i vecchi divi digitalmente resuscitati sullo schermo. La storia del cinema è anche una storia di memorizzazione coatta, una lotta contro l’oblio che – se pur eroica e ricca di emozione – significa anche condanna a ricordare la condizione mortale dell’uomo, avendo davanti a noi così spesso volti e corpi che non ci sono più.
Quando poi muore un cineasta, come in questi casi, il ricordo non ha più a che fare con l’immagine (sebbene le immagini sussistano in termini di interviste, fotografie, etc.) ma con l’immaginazione: ci rimane, di loro, l’opera, appunto, che contiene a sua volta altre immagini, altri corpi, altri volti, altre esperienze che rivivono senza più esserci. Che cosa è cambiato nella nuova condizione tecnologica del cinema? Quasi niente, e forse è anche grazie a questa sorprendente originalità assoluta e persistente della nostra macchina preferita che il cinema non ha subito il tramonto da molti pronosticato. E noi, spettatori de “los muertos”, siamo l’aldiquà di un’invenzione dal grande futuro.