Il colpo dei soliti noti
Derubare il proprio ex datore di lavoro, milionario e presidente del Tower (uno dei più lussuosi grattacieli residenziali del mondo), dopo che quest’ultimo ha perso in borsa tutti i risparmi e i fondi pensionistici dei suoi dipendenti, è l’obbiettivo dello sparuto gruppo di ladruncoli improvvisati che intendono vendicarsi del magnate per il maltolto, e restituire ai vecchi colleghi ciò che gli spetta di diritto.
Questa è, a grandi linee, la trama di Tower Heist, ultima pellicola di Brett Ratner, prodotta da Brian Grazer e con protagonisti Ben Stiller e Eddi Murphy. Questa serie di nomi appena elencati non sono citati tanto per mostrare quanto la pellicola sia infarcita di personalità influenti e conosciute al grande pubblico, ma serve piuttosto a rendere l’idea di come ormai Hollywood, in una delle sue più tipiche produzioni com’è appunto Tower Heist, sia sempre più antagonista a ciò che Wall Street, il capitalismo e la finanza rappresentano (anche se ciò costituisce un controsenso visto che proprio Hollywood, con le sue imponenti produzioni e la distribuzione a tappeto, è il simbolo stesso del capitalismo all’interno dell’industria culturale).
Se già in estate ci si poteva accorgere di come perfino all’interno di un giocattolone macina-soldi come Transformers 3, il peso della crisi finanziaria globale acquistava particolare importanza tanto da essere una delle spinte narrative della vicenda, non ci si stupisce se anche in produzioni di medio livello, come Tower Heist, l’argomento venga trattato senza tanti giri di parole.
Ciò che più delude nella pellicola di Ratner però è l’incapacità di riconoscersi all’interno di uno dei generi cui vorrebbe appartenere. Se l’elemento comedy risulta essere differente dal solito, in quanto invece di puntare sulla risata semplice come fanno la stragrande maggioranza di commedie del genere, che autocombustionano la pellicola rendendo inefficace le gag quando si ripetono, tenta invece di “annacquare” l’elemento comico in modo che non venga immediatamente innescato, ma che al contrario si ripresenti successivamente. Questo tentativo, mirabile nella volontà di non conformarsi, è però fallimentare vista la debolezza delle gag che, prolungate, sono ulteriormente depotenziate. Se invece si guarda Tower Heist come vero e proprio film di rapina, i risultati sono anche peggio, viste le falle e le scelte forzate che la sceneggiatura mostra.
Ciò che rimane, quindi, è un vago senso di rivalsa nei confronti dei più forti, troppo banale per farsi ricordare e troppo posticcio per essere sentito, che fa di Tower Heist un’insipida action-comedy hollywoodiana, incapace di trasmettere ciò che inizialmente si era prefissata.