Resistere, oggi
Nella Le Havre di Aki Kaurismäki vivono persone che la vita ha sconfitto, ma che non si sono arrese all’infelicità: anche se viene cacciato spesso dai marciapiedi da cui lavora, il lustrascarpe Marcel Marx ha una buona moglie da cui tornare, Arletty, un cane, Laika, e dei vicini affidabili con cui battibeccare.
Le Havre è anche porta verso l’altrove per una famiglia del Gabon che tenta di arrivare clandestinamente a Londra: scoperti in un container, solo il piccolo Idrissa riesce a scappare alle forze dell’ordine, e per caso si imbatte in Marcel. Ora che Arletty è in ospedale (decisa a nascondere al marito la gravità della malattia), la salvezza di Idrissa diventa per Marcel uno scopo naturale, una preghiera laica, e inconsapevole, per la guarigione della moglie. La solidarietà dell’amico Chang, della panettiera Yvette, della barista Claire e dei suoi abituali avventori, dei pescatori, del fruttivendolo, del rocker d’altri tempi Little Bob, è altrettanto spontanea e immediata, mentre Idrissa apprende con consapevolezza proletaria i rudimenti del mestiere di Marcel. Come accade spesso nei film del regista finlandese, in Miracolo a Le Havre al sentimento di profonda umanità si accompagna sempre un necessario senso di Resistenza, con la erre maiuscola: si resiste alla vita che sbatte la porta in faccia, alla povertà e alla solitudine, alle forze dell’ordine e alle convenzioni sociali che tentano di ingabbiare la vita delle persone. I volti, i silenzi, i colori sono quelli abituali del cinema di Kaurismäki, disposti a formare un mondo visivamente senza tempo, perfettamente bilanciato dall’attualità del racconto. Da questo equilibrio affiorano con silenziosa forza i sentimenti comunitari che possono e dovrebbero emergere istintivamente tra un gruppo di uomini e donne che condivide uno spazio determinato e una routine. Se il commissario Monet, ligio al dovere ma rispettoso di quel che vede, sembra impegnato a smontare il suo ruolo da cattivo quasi fumettistico attraverso l’uso dei suoi stessi cliché (faccia torva, impermeabile e guanti neri), il vero antagonista è il vicino di casa Jean-Pierre Léaud, che osserva e denuncia – come in epoche di dittature mai troppo lontane – forse invidioso della fraternità altrui. Una quotidianità che accetta senza batter ciglio l’assurdo (l’ananas), la bugia innocua, il tramonto dell’apparenza, la distanza ontologica dalla cattiveria umana (l’omicidio fuori campo all’inizio), le personali visioni del vivere sociale: queste le caratteristiche di un mondo dove il miracolo – della libertà, della guarigione, della fioritura di un ciliegio – secondo Kaurismäki è possibile.
Miracolo a Le Havre [Le Havre, Finlandia/Francia/Germania 2011] REGIA Aki Kaurismäki.
CAST André Wilms, Kati Outinen, Jean-Pierre Darroussin, Jean-Pierre Léaud.
SCENEGGIATURA Aki Kaurismäki. FOTOGRAFIA Timo Salminen. MONTAGGIO Timo Linnasalo.
Commedia/Drammatico, durata 93 minuti.