Festival dei Popoli, Firenze, 12-19 novembre 2011
Rosie torna alla luce
“She’s making history working for victory. Rosie, the riveter!” Non è certo chi sia la vera Rosie, energica protagonista di una canzone-icona degli anni ’40, ma poco importa.
Rosie è il simbolo di tutte quelle donne che durante la Seconda Guerra Mondiale sono entrate nelle fabbriche per sostituire gli uomini chiamati alla leva.
A loro è dedicato The Life and Time of Rosie the Riveter, spumeggiante documentario di Connie Field del 1980, già vincitore al Festival dei Popoli e riproposto quest’anno per la sezione Adotta un doc! Il progetto, inaugurato nell’aprile 2011, persegue l’obiettivo di salvaguardare e riportare in auge le numerose opere che affollano gli archivi del Festival, quasi 340 pellicole in 35 e 16 mm e oltre 16.000 pezzi tra videonastri e dvd.
Da anni il Festival è alla ricerca di uno spazio idoneo che ne permetta l’apertura al pubblico, e dei finanziamenti che consentirebbero la trasposizione delle pellicole in copie digitali, più adatte a una fruizione ripetuta. Nel frattempo un simile patrimonio artistico langue in attesa, invisibile e accantonato. L’iniziativa Adotta un doc! ha dunque permesso la riscoperta di alcune opere grazie al contributo di un euro da parte di coloro che hanno aderito alla campagna. The Life and Time of Rosie… è una delle perle emerse dal mare magnum degli archivi, film quantomai appropriato in quanto tratta, a sua volta, di un’ingiusta dimenticanza. Quella della società americana nei confronti delle operaie che, negli anni difficili, si sono rimboccate le maniche per produrre materiali e munizioni. Donne forti e intraprendenti che hanno dato scacco alla mentalità dell’epoca non soltanto dimostrandosi capaci di svolgere “lavori da uomo” ma addirittura eccellendo nelle mansioni assunte. “We can do it!” assicura il manifesto di J. Howard Miller, su cui campeggia una “Rosie” con bicipite in vista. La loro storia, narrata attraverso i ricordi di cinque magnifiche testimoni, è anche quella di chi si è scontrato con la discriminazione sessuale e razziale, di chi ha dovuto fare i conti con paghe ingiuste e impari, con la mancanza di tutela sindacale e, non ultimo, con i preconcetti e l’ottusità diffusi in seno al tessuto sociale. Insieme hanno fatto fronte all’emergenza caricandosi di inedite responsabilità, rivendicando diritti e considerazione e imparando a convivere al di là dei pregiudizi. Ma, alla fine del conflitto, sono state rispedite a casa e le pin up dei manifesti hanno dismesso le tute da saldatore per tornare a sorridere tra torte e fornelli.
Nonostante la consistenza del tema trattato, il documentario di Connie Field ripercorre le tracce di questo torto con un tono ironico e assolutamente godibile, complice la personalità brillante delle intervistate e l’involontaria comicità della propaganda dell’epoca. Alla stupita celebrazione delle lavoratrici, presentate nei servizi come gaie casalinghe in trasferta, passate dalla macchina da cucire direttamente alla fiamma ossidrica, si sostituiscono, al ritorno dei reduci, messaggi di tutt’altro genere. Dalle riviste traboccano illustrazioni di servizievoli angeli del focolare, mentre gli psicologi lamentano l’abbandono dei figli e un paffuto bebè sgrana occhioni smarriti sotto lo slogan “Your baby or your job”. La ricca rassegna di materiali di repertorio- ritratti in seppia, riprese in bianco e nero, stampe colorate- si accompagna a un linguaggio snello e scorrevole, e tuttavia capace di uno sguardo in profondità su un pezzo di storia spesso misconosciuto. Non resta che sperare che altre opere di pari rilievo possano riemergere dagli archivi in cui sono stipate. Chissà quante altre “Rosie” aspettano il giusto riconoscimento.