Festival dei Popoli, Firenze, 12-19 novembre 2011
Le stragi invisibili
Nella selezione ufficiale Panorama del Festival dei Popoli è stato dato spazio ad alcuni meritevoli documentari italiani, tra cui White Men di Alessandro Baltera e Metteo Tortone.
Dal 2006, in Tanzania e nei Paesi limitrofi, si perpetuano efferati omicidi e mutilazioni ai danni dei tanzaniani albini, i cui arti vengono commercializzati presso gli stregoni della zona.
A Mwanza, i due registi seguono quattro uomini albini, due ragazzi e due adulti: Maneno, adolescente, la sorella morta probabilmente per complicazioni legate alla stessa anomalia genetica; Alfred Kapole, membro della Tanzania Albino Society, che dedica la vita ad occuparsi della situazione degli albini nel suo Paese; Samson, giardiniere, marito e padre di famiglia; Mr. White, giovane rapper “bongo flava” che ha fatto della sua condizione materiale per i suoi testi. La vicinanza totale ai protagonisti fa sì che vengano ripresi nella loro quotidianità, segnata costantemente dal distanziamento anche quando non sembrano esserci i segni di una vera e propria discriminazione: attaccata alle loro spalle, o al loro fianco, la camera registra gesti solitari e spazi ostili. Tra i racconti agghiaccianti di omicidi e aggressioni, gli uomini bianchi vanno, attraversano i villaggi e la propria vita nel pericolo costante di non arrivare sani e salvi.
Il bianco e nero molto contrastato sottolinea le differenze, l’alienità cromatica degli albini presso la popolazione e l’ambiente africani. Come ammesso dai registi, nelle loro intenzioni era necessario rimarcare una distanza programmatica dall’abituale immagine calda e colorata dell’Africa (interessante che anche un altro film passato al Festival, Territoire Perdu, sul popolo Saharawi, sia in bianco e nero). La scelta del bianco e nero riesce a focalizzare tutta l’attenzione sul soggetto del film, al contempo sottolineando o alleggerendo di volta in volta il senso di emarginazione o gli ordinari contatti umani dei protagonisti con gli altri abitanti.
Lentamente emerge da ogni protagonista un diverso aspetto della loro condizione: Samson dimostra l’effettiva possibilità di una vita dignitosa e “normale”, Alfred esemplifica la reazione attiva ai pericoli corsi dagli albini e alla cronaca della strage, Mr. White contrasta l’isolamento esaltando la sua diversità in senso artistico, Maneno viene seguito negli accertamenti medici -e i suoi filmini col cellulare sono l’unico altro occhio cui viene concesso di leggere il mondo circostante dal proprio punto di vista, a colori peraltro. Alcune questioni ricorrenti permangono però ad unire loro quattro e tutti gli altri white men: le difficoltà fisiche che li affliggono (il sole fatale), l’alone mistico che li circonda (si dice che gli albini non muoiano, ma svaniscano nel vento), la paura, la vana necessità di passare inosservati, il bisogno di protezione.
Il film ha il merito di portare alla luce un’inquietante e poco nota pagina del nostro presente, con una forte, quasi eccessiva presa di posizione visiva, che tuttavia riesce nella sua semplicità ad asciugare il racconto di ogni pietismo, evitando comunque di cadere nell’estetizzazione.