L’eternità è un giorno
Nella prolifica sequela di coppie di amici inevitabilmente destinati a innamorarsi l’un l’altro che popola cinema a tv (da Harry ti presento Sally e Dawson’s Creek fino all’invasione del 2011, con Amore e altri rimedi, Amici, amanti e…, Amici di letto e la sitcom Friends with Benefits), Emma Morley e Dexter Meyhew rappresentano un caso a sé.
Nel romanzo da cui è tratto One Day (s’intitola Un giorno, l’ha scritto David Nicholls, in Italia è edito da Neri Pozza ed è stato un caso editoriale inglese ai livelli di Alta Fedeltà) i due protagonisti incarnano qualcosa di diverso, e di più profondo, rispetto alle prevedibili regole di sceneggiatura della commedia sofisticata, che impone alle tradizionali traversie amorose di rotolare fino a uno scontato happy ending. Emma e Dexter si incontrano nel pieno dei propri ventanni e degli anni 80, per tutti i 90 si inseguono, si separano, si odiano, si sposano (con altri), si ritrovano. E’ chiaro a tutti (sia al lettore, sia agli altri personaggi) che dovrebbero stare insieme, ma, come ostacoli a volte insormontabili, si frappongono tra loro tutte le piccole e grandi eventualità della vita: l’assenza di tempismo, la sfortuna, le incomprensioni reciproche, la crescita, il cambiamento. Il lettore sfoglia le pagine delle loro storie, appoggiate su una struttura narrativa rigida e definita fin dall’incipit: il romanzo apre una finestra sempre sullo stesso giorno, il 15 luglio, anno dopo anno, e ci mostra cosa stanno facendo Emma e Dex, cosa stanno pensando, a che punto sono della propria vita. Il lettore sfoglia il libro e viene investito da una consapevolezza atroce, dall’ansia del tempo che passa e non ritorna, tagliando nuove strade e possibilità. Mentre le pagine che restano da leggere si assottigliano sempre più, ogni occasione che Emma e Dexter perdono per innamorarsi si trasforma in preoccupazione, frustrazione, paura. Un giorno, sotto le sembianze ingannevoli di dramma romantico, seppellisce l’inquietudine di tutte le cose che ci lasciamo sfuggire per un pelo. Un elenco infinito e irrimediabilmente insondabile di “cosa sarebbe successo se”. Cosa resta, di tutto questo, nel film? Molto, eppure non abbastanza. La regista è Lone Scherfig, un tempo autrice Dogma di Italiano per principianti e, più recentemente, di quel An Education, sceneggiato da Nick Hornby, che ha lanciato la fulgida carriera di Carey Mulligan. I dialoghi di One Day sono scritti dallo stesso David Nicholls, che ne conserva la freschezza e la leggerezza divertita, e trapianta su pellicola la struttura narrativa “un giorno all’anno, per vent’anni”. Scherfig dirige gli attori con mano sicura e Anne Hathaway e Jim Sturgess, già in partenza scelta azzeccata, incarnano Emma e Dexter che meglio non si potrebbe. A far precipitare One Day nel limbo delle commedie drammaticosentimentali è la confezione: leccata, patinata, glamour. Ah, se solo la Scherfig si fosse ricordata che una delle regole del Dogma vietava la colonna sonora extradiegetica e avesse soffocato nel sangue l’autore di quell’insopportabile refrain di pianoforte che ci perseguita per tutte le due ore di pellicola! Sul serio, se andate a vedere questo film, provate a immaginarvelo senza colonna sonora, senza quella fotografia così pulita: guardatelo con le lenti, un po’ più sporche e imperfette, della realtà, e forse vi sarà più chiaro quello che tanti lettori hanno ritrovato di se stessi nelle pagine di Nicholls. Purtroppo, così come lo vediamo, One Day è “solo” un bel film sentimentale, sicuramente indigesto ai detrattori del genere, ma potenzialmente appassionante per chi ama innamorarsi degli amori altrui. Non è poco, ma non è abbastanza.